GRÁVALOSDIMONTE, Arquitectura Zaragoza

gravalosdimonte 

arquitectos

workshops

Workshop Parco Garbatella La Sapienza Universitá Roma Gravalosdimonte arquitectos
Patrizia Di Monte desde abril 2024 será visiting professor de La Sapienza Università di Roma. Esta representa nuestra segunda experiencia de visiting en la prestigiosa universidad romana, y nuestra 6ª colaboración con dicha institución académica. En esta ocasión trabajaremos sobre el Parco de la Garbatella, en el Municipio VIII de Roma. El taller propone la exploración de posibilidad de intervenciones temporales como herramienta de reactivación urbana. A través de un proceso participativo, se propondrán diversas intervenciones ubicadas en el parque de Garbatella en Roma para poner en escena las diferentes necesidades de los ciudadanos y del paisaje. Il visiting, dal titolo “A lot with little” é stato curato nei contenuti da Patrizia Di Monte e Ignacio Grávalos su invito della professoressa Marichela Sepe. CONTENUTI Il corso propone l’ esplorazione delle possibilità di interventi temporanei come strumento di riattivazione urbana. Attraverso un processo partecipativo verranno proposti diversi interventi localizzati nel parco della Garbatella a Roma in modo da mettere in scena i bisogni dei cittadini in senso paesaggistico. OBIETTIVI Comprendere i processi partecipativi. Proiettare una lettura critica del luogo. Conoscere i vettori della realtà che condizionano gli interventi in un ambiente urbano. Definire proposte progettuali che rispondano a bisogni reali e all’ambiente. Esprimere graficamente azioni e interventi temporanei. Narrare la cittá. Il corso é suddiviso in 5 STEPS: DERIVA -fase di ascolto; -mappa emozionale; -analisi sistema fisico-biótico; -analisi sistema socio-culturale; CODESIGN PROTOTIPAZIONE RAPPRESENTAZIONE NARRAZIONE Roma Capitale Municipio VIII #landscape #paesaggio #paisaje #mobiledevice  #dispositivomovil
WORKSHOP VACIOS URBANOS JAPAN SAKURA LAB + GRAVALOSDIMONTE ARQUITECTOS
Vitamins for public space, Mobile kit workshop in Nagano. Workshop para la reactivación de vacíos urbanos en la ciudad de Nagano, Japón. Machihata Project, Sakura Lab, SUKERUKU GARDEN, Shinshu University - 信州大学
Reactivación antigua almadraba Carloforte
Un luogo contiene due dimensioni: una si riferisce allo spazio come ambiente, sia naturale che antropico, l'altra si relaziona ai flussi, agli incontri, alle narrazioni e i desideri che si svolgono in esso. Una comunitá si mostra radicata a un territorio nella misura in cui ha saputo interpretarlo, producendo ancoraggi tra luogo e memoria, trasmutandolo in un nuovo paesaggio interiore. Con il progetto Tunea é stata esplorata la dialettica tra i due dei grandi protagonisti dell' antica tonnara: gli artigiani e il tonno. Entrambi col tempo hanno intrecciato uno spazio emotivo attraverso le loro numerose interazioni. Il territorio, in questa prospettiva, è costituito da innumerevoli tracce che hanno caratterizzato la vita quotidiana e in cui le reti dei pescatori assumono un ruolo simbolico nell'immaginario collettivo. Attraverso laboratori e workshop sono stati indagati questi due universi coesistenti, quello animale e quello antropico. La proposta per la riapertura degli spazi dismessi, é tesa alla realizzazione di un luogo ispirato allo “spazio dei tonni”, relativo a quello spazio creato tra le reti che si estendono nel mare e lungo i fondale e che solo i tonni hanno il privilegio di abitare, proponendo un ribaltamento dei ruoli. Questa duplice condizione, viene materializzata da una serie di reti galleggianti, costituendo un luogo di nuova identità, di relazioni comuni, uno spazio dal quale guardare il mare con la prospettiva del "cielo sopra le reti" dei tonni, al contempo che si percepisce, anch'esso fluttuante, il tempo degli artigiani. La proposta di intervento ruota attorno al deposito esistente nella vecchia tonnara, interpretando una duplice condizione limite, per la sua posizione strategica tra terra e mare, per la sua natura galleggiante, essendo elevata tra la terraferma e il cielo. Laboratori, derive e workshop. Un primo laboratorio di co-design, ha offerto ai partecipanti la possibilitá di poter finalmente rientrare negli spazi dell’ antica tonnara abbandonata, grazie alla deriva specialmente organizzata per percepirla con un' ottica diversa, prevedendo l' approccio da un percorso immerso nella macchia mediterránea, che ha poi permesso di attraversare la spiaggia e finalmente accedere alla tonnara infondendo in tuti i "flaneurs" un effetto di grande sorpresa. Durante la deriva é stato distribuito un quaderno ai partecipanti chiedendo loro di descrivere le emozioni e le sensazioni attraverso tecniche diverse, disegni, stesura di un racconto o scrittura di parole emerse dai ricordi di quegli spazi. Le successive giornate organizzate presso il Muma e presso l’ ExMé hanno visto lo sviluppo del laboratorio con una raccolta di materiale storico, ritagli di giornali, foto, video, voci ed eco, e posteriormente una mesa in comune di idee e di codesign di possibili usi futuri. L’ ultima giornata del laboratorio é stata disegnata per permettere ai partecipanti di accedere alla Tonnara Piam per imparare dal Raís un approccio allá manualitá a manipolare le reti. Il momento di apertura ed estensione delle reti é stato per tutti un’ esperienza molto intensa proprio perché ha permesso la riconnessione della memoria con le attivitá che quotidianamente vengono realizzate in quei luoghi, e che nessuno dei partecipanti aveva mai avuto possibilitá di realizzare. Le luci, l’ eco del mare e delle voci dei tonnaroti, gli odori, la gestualitá dei movimenti hanno generato un legame che permarrá nel tempo nella memoria sia del luogo sia di chi ci ha accompagnato durante il laboratorio. Co-DesignTra la proposte espresse emergono quella di un cohousing, un centro di formazione per giovani e che finalmente possa un giorno diventare un museo. A questo proposito é emersa la possibilitá di raccogliere i documenti, le registrazioni delle voci e i video e di realizzare dei codici QR da situare in vari punti della tonnara abbandonata per poter accedere al materiale online. Da ció emerge la proposta di installare sulla parte superiore della torretta il lettering proprio con questa frase emersa: «questo non è un museo» a modo di invito che in un prossimo futuro possa diventarlo. Finalmente tra le idee piú iconiche, quella di trasforamre gli spazi esterni dell’ antica tonnara per accogliere un pranzo all’ aperto durante le giornate del girotonno. Ë per questo che sono stati disegnati dei moduli temporanei che ospitano a volte di tavoli, altre delle amache, o semplicemente delle pareti di protezione, costruite con le antiche reti di tonnara. I moduli, facilmente smontabili, a fine festival potranno essere ripristinati nella piazza dei Baruffi per riportare le storie della tonnara in una ubicazione centrale di Carloforte, altre volte potranno essere posizionati lungo il molo ad aspettare i turisti che approdano ed offire un punto panoramico al fresco. Ignacio Grávalos | Patrizia Di Monte Gravalosdimonte per Tunéa - U boot photo credits: Alessandro Toscano, Francesco Rosso, Gravalosdimonte
Despoblación y ruralidad
HABITAR LAS ÁREAS RURALES. WORKSHOP INTERNACIONAL MINDS – POLITECNICO DI MILANO En febrero de 2022 estuvimos dirigiendo un workshop en el Politécnico de Milano en el marco de MiNDS 2022. Esta edición estuvo organizada en torno a siete equipos docentes invitados que debían desarrollar temas propios e independientes. El workshop que propusimos tenía por objeto afrontar la problemática de la despoblación y establecer estrategias de regeneración urbana. Para ello se trabajó en Sannicandro Garganico, localidad del Gargano (Puglia), escogido como un caso paradigmático del territorio de la Italia invisible y que bien pudiera establecer estrategias replicables en otros puntos del territorio. WEEK 0 El informe " encargado en 1972 al MIT por el Club de Roma concluyó que "sin cambios sustanciales en el consumo de recursos, "el resultado más probable será una disminución bastante repentina e incontrolable tanto de la población como de la capacidad industrial". En 2020, la masa mundial creada por el hombre superó a toda la biomasa viva. Es el momento de preguntarnos desde nuestra disciplina en qué emergencias debemos enfocarnos para enfrentar la Incertidumbre. Las regiones cada vez más reducidas de Europa constituyen uno de los principales problemas contemporáneos. La pérdida de población y actividad está produciendo una invisibilidad de núcleos más pequeños que languidecen poco a poco a la sombra de las grandes ciudades. Se considera que la recuperación de estos centros es fundamental para un desarrollo equilibrado y sostenible del territorio. La innovación de los modelos socioeconómicos, la implicación ciudadana, la puesta en valor del paisaje, la recalificación de los espacios públicos y la revitalización de las ruinas son factores esenciales para la nueva reactivación de los espacios rurales. No se trata tanto de musealizar localidades como de intervenir en sus estructuras para recuperar el territorio como lugares alternativos a la vida urbana. Por lo tanto, el tema propuesto tiene como objetivo investigar nuestra responsabilidad frente a la emergencia indagando nuevas formas de vivir en las zonas rurales, con el propósito de definir una estrategia piloto replicable también en otras áreas rurales de similares características. La programación del curso quedó estructurada a lo largo de dos semanas de la manera siguiente: WEEK 1 [aproximación territorial] La primera semana estuvo destinada a la comprensión territorial y al análisis socioeconómico del lugar. [fase de escucha] El análisis del territorio estuvo apoyado por sesiones de entrevistas a varios agentes de la ciudadanía en las que se presentaron visiones tanto desde el punto de vista institucional como desde la perspectiva del tejido asociativo. Los agentes locales pudieron explicar el territorio apoyándose en las vistas generadas por un dron a tiempo real. [análisis territorial] Por una parte se realizó una maqueta a escala 1/50.000 de todo el Gargano, reconociendo las relaciones entre las diversas localidades desperdigadas en una orografía compleja, las vías de comunicación, la potencialidad del emplazamiento del Ayuntamiento analizado cómo puerta de acceso al Gargano, su relación paisajística con los dos lagos y con el Parque Nacional de la Foresta Umbra. Por otra parte, tras una investigación de las actividades productivas del lugar, se detectó la gran potencialidad de la industria de las flores secas, que abarca el 80% de la producción nacional. [actividad productiva] Una vez detalladas las fases de la producción de flores secas [cultivo, recolección, secado, manipulación, almacenaje, venta] se establecieron las correspondientes asociaciones espaciales para detectar las diferentes oportunidades de los espacios vacíos que caracterizan la ”Terra Vecchia”. La primera semana concluyó con una documentación completa del territorio compuesta por: Maqueta del territorio 1/50.000 Planimetría territorial 1/5.000 Planimetría área intervención 1/500 Desarrollo del programa Diagramas analíticos del territorio Estudio biológico de la flora existente WEEK 2 [interpretar el límite] En la segunda semana del workshop se profundizó en la aplicación de una estrategia integral para la zona en la que se valoró la relación de la localidad con el paisaje en su condición de límite urbano y la relación de la trama consolidada con el área estudiada. Se produjeron numerosos debates en los que se realizaron consideraciones sobre las condiciones tectónicas del límite, las relaciones lleno-vacío de la trama, las posibilidades de la nueva materialidad, las conexiones y flujos de la intervención con la trama adyacente, las interpretaciones de los nuevos espacios públicos o las repercusiones de los diferentes usos para la activación de los vacíos. [estrategia general] Al final del proceso, se concluyó con una estrategia que proponía los siguientes objetivos: Utilizar los vacíos existentes en la trama para realizar nuevas conexiones transversales entre los “vícoli” existentes. Poner en valor los vacíos como expansiones del espacio público, formando ensanchamientos, plazas y jardines en los que la naturaleza presente en el paisaje recobraba un protagonismo urbano. Reconstruir una serie de piezas situadas en el límite que pudieran acoger nuevos usos capaces de activar el espacio. Restaurar parte de las paredes en ruinas creando jardines al aire libre. Establecer una dialéctica a través de la materialidad entre lo existente (el muro de piedra) y lo contemporáneo (el muro de hormigón). Integrar cómo nuevos usos para reactivar el ámbito más degradado, laboratorios de innovación relacionados con la producción de flores secas, residencias temporáneas para el personal de investigación de los laboratorios, huertos e invernaderos entre las viviendas en ruinas para la cultivación de especies autóctonas, y finalmente unos espacios expositivos  de las flores mas singulares en unos edificios icónicos situados al final de  los “vicoli” y en relación con el Canal cercano. Al final de la segunda semana, se produjo la siguiente documentación: Maqueta general del área de intervención 1/200 Maqueta de módulo piloto 1/100 Diagramas de la estrategia Planta general de intervención 1/200 Secciones y alzados urbanos 1/200 Renders generales FINAL_EXHIBITION El workshop finalizó con una exposición del trabajo realizado. Para ello se realizó un recorrido secuencial de espacios. El acceso al aula recreaba un espacio oscuro que tenía de fondo una grabación del territorio realizada con un dron que permitía observar la relación trama construida – vacío – naturaleza. El siguiente espacio estaba formado por las maquetas territoriales del Gargano, fragmentadas y separadas en unidades de modo que permitía observar los abruptos cambios de nivel a través de las secciones.
Proyecto Piloto Supermanzana Barcelona
00Proyecto Piloto Supermanzana Barcelona. Intervención de nuevo espacio público. Los cuatro cruces internos de la supermanzana (superilla), antes destinados al tráfico, se iban a convertir en espacios peatonales. Cada uno de ellos, estaría destinado a un derecho ciudadano (cultura, ocio, participación e intercambio), siendo “estonoesunsolar” invitado por la UIC para dirigir el relativo a la “cultura”. En el workshop se establecieron las siguientes líneas estratégicas: Estrategia 1. El icono como unificador de un espacio imaginario. La primera cuestión observada tras la implantación de la supermanzana fue la constatación de que a pesar de haber cambiado el sistema de movilidad, los peatones seguían circulando por el espacio habitual, mientras que el inmenso espacio central, antes destinado al tráfico y ahora al uso peatonal, quedaba como un residuo flotante asfaltado a la espera de ser reapropiado. Uno de los objetivos propuestos fue dotar al espacio de una nueva identidad que hiciera legible los nuevos límites del ámbito peatonal, y que transmitiera así mismo, los nuevos valores ambientales de la circulación débil y restringida. Para ello se decidió homogeneizar el espacio, convirtiendo el “panot”1 en un icono , de modo que crease un ámbito peatonal a través de la utilización fuera de escala de un objeto cotidiano reconocible . Estrategia 2. El espacio público como soporte. Existía la voluntad desde un inicio de crear un soporte rotundo pero indeterminado, un escenario para que pudieran suceder acontecimientos y que diera lugar a acciones imprevistas. Se planteó el espacio público como contenedor, como escenario. Dada su magnitud (45 x 45 metros) se podrían desarrollar numerosas actividades, tanto planificadas como espontáneas. Estrategia 3. Orden y escala. Los panots seguían una retícula perfecta, insertados en una malla que respondía a la cuadrícula de la pavimentación. Dentro de esa regla, existirían vacíos pero siempre vinculados al orden existente y esos mismos vacíos eran portadores de significados en una escala más amplia (vista cenital). La operación de insertar una trama de "Panots" dibujados en blanco, permitía eliminar la sensación y la percepción del espacio asfaltado y negro, con las consecuencias ambientales correspondientes (calentamiento, iluminación, reflejo, etc.) Estrategia 4. Participación y comunicación. La intervención tuvo un profundo sentido participativo. Por un lado se realizaron sesiones previas al inicio del workshop con las diversas asociaciones y colectivos existentes de modo que la operación pudiera dar respuesta a necesidades reales. Por otra parte, y una vez iniciado el taller, se realizó una campaña de implicación ciudadana. Para ello se creó el eslogan “¿Quién te ha dicho que tú no pintas nada?”, que pretendía, con cierto grado de provocación, involucrar a los vecinos en la intervención propuesta. Durante los cuatro días que duró la acción, numerosos vecinos o peatones casuales contribuyeron a la creación directa de su espacio público, colaborando en la acción de pintar el asfalto y fortaleciendo los sentidos de apropiación y pertenencia del espacio urbano. Estrategia 5. Los nuevos ciclos de vida. La condición de reciclaje estuvo presente en toda la intervención. Los estudiantes exploraron las posibilidades de adquirir material gratuito de los talleres y centros cercanos. De ese modo se pudo conseguir la pintura, paneles de madera de restos de corte de una carpintería, tubos de pvc de una obra cercana, etc. , y fue con ellos con los que se ejecutó la totalidad de la intervención. De ese modo, se finalizó el ensayo de la primera supermanzana, abriendo la posibilidad del debate a través de la acción positiva. Muchas cosas deberán mejorarse, pero las primeras reflexiones ya se pueden estudiara desde los espacios posibles.
Proyecto de Patio de colegio gravalosdimonte arquitectos
Hace unos meses, junto con el festival TRAYECTOS “Danza en paisajes urbanos”, empezamos a trabajar sobre la elaboración de una “máquina de bailar”. El objetivo consistía en construir un artefacto para introducirlo en un patio de colegio de modo que, a través de la música, cambiara las dinámicas de comportamiento de los niños en el tiempo del recreo. La máquina, deberá ir apareciendo por diversos espacios educativos de la ciudad, dentro del programa municipal “Barrios creando, creando barrios” que fomenta la inclusión, la integración y la participación. Los espacios de poder. La primera cuestión consiste en una reflexión sobre la ocupación del espacio libre de los colegios a través de las diversas actividades desarrolladas. En este contexto, se observa un aplastante dominio del mundo del fútbol que, en una posición de centralidad, se apropia de los mejores espacios. Paralelamente se detecta una ocupación alternativa de otros espacios residuales por parte de niños que no estaban inmersos en el sistema dominante. Se ha trabajado sobre las ocupaciones, los flujos y las dinámicas, analizando la apropiación de los intersticios y evaluando la dialéctica de los diferentes espacios jerarquizados por los hábitos más comunes. La transformación del espacio. Se han formulado diversas maneras experimentales de transformar el espacio al que los niños están habituados a percibir de un modo muy determinado y, por tanto, a asociarlo a una actividad muy concreta. Se decidió modificar la percepción del lugar (la escena lúdica) como primer paso para crear un espacio inédito, casi onírico, que pudiera albergar actividades imprevistas. Para ello se ideó una intervención gráfica que hacía referencia a los circuitos de las tarjetas de sonido, ya que contenía una serie de trayectos y cruces que, una vez conectados, activaban puntos concretos. De ese modo, la metáfora del recorrido permitiría ir recorriendo los espacios del colegio destinados al recreo, hilvanando puntos estratégicos, modificando los flujos cotidianos y redescubriendo intersticios antes invisibles. Cada recorrido, dibujado en el suelo, contiene una serie de mensajes escritos (“Baila”, “Siente”, “Respira”, “Salta”, “Gira”...) que serán puestos en escena con varios ejercicios ensayados durante varias sesiones por Lucía Reula a modo de coreografía. Sin embargo, posteriormente se quedarían como trazas a la espera de ser activadas con nuevos códigos y nuevos usos. En ese sentido, se ha creado un escenario al servicio de la imaginación y la inventiva, que permitirá ser reinterpretado por los niños e inventarse nuevos juegos o desarrollar actividades inesperadas en una red de recorridos y cruces. La máquina de bailar. La máquina de bailar materializa la llegada de la música a un espacio. Contiene todo lo necesario para desarrollar la acción. Más allá de su función contenedora, es un artefacto móvil que, una vez que llega a un lugar, se despliega permitiendo la emisión de música que puede conectarse desde cualquier dispositivo móvil. Más allá de su función puramente musical, proporciona también un espacio para la contemplación, formulando paisajes urbanos oníricos a través de unos conos de visión construidos con espejos, que deforman el espacio a través de diversos reflejos. De este modo, se puede contemplar un espacio cotidiano transformado en algo distinto, algo mágico, en el que las leyes cartesianas del espacio se disuelven en mil fragmentos y permiten concebir que otro espacio es posible. Créditos Cultural promoter: Festival Trayectos Danza en paisajes urbanos. Nati Buil, director; Playground design + installation: Ignacio Grávalos +Patrizia Di Monte architects, estonoesunsolar; Dance choreographer: Lucía Reula; Ethnógraphy: Félix A. Rivas; Photo: Marta Aschenbecher (Colegio Santo Domingo); Trayectos; Gravalosdimonte, Santo Domingo, Ramiro Solans, Fernando Católico, Zaragoza.
rigenerazione marine lecce
29"Lecce é il suo mare" progetto di rigenerazione delle marine di Lecce. Mappa della Rigenerazione delle Marine di Lecce Il programma di rigenerazione del quartiere litorale di Lecce, dopo un lungo lavoro di condivisione svolto con le diverse comunità del litorale nel mese di settembre, ha portato alla stesura di un masterplan in cui sono individuati gli interventi che, ricadendo nell’ambito degli Obiettivi Tematici (OT) del Bando, in una visione di grande respiro possano rispondere ai bisogni più urgenti delle marine leccesi. Quattro tavoli tematici: così è stato articolato il workshop “Nei luoghi della rigenerazione”, che rappresenta il momento finale del percorso partecipato “Lecce è il suo mare”, avviato dall’amministrazione comunale di Lecce per la costruzione del progetto di rigenerazione delle marine leccesi. I tavoli corrispondono ai quattro temi del bando regionale cui il governo cittadino ha stabilito di partecipare con apposita delibera: energia sostenibile e qualità della vita; biodiversità infrastrutture verdi; risorse culturali e ambientali; inclusione sociale e sviluppo sostenibile. Tutor del workshop l’architetto Patrizia Di Monte dello Studio Gravalosdimonte Arquitectos di Saragozza, responsabile programma di rigenerazione condotto nella città spagnola. A lei il compito di presentare, a conclusione dei lavori dei tavoli tematici, l’esperienza di rigenerazione urbana denominata “Estonoesunsolar” a Saragozza, con riferimento soprattutto alla governance adottata per l’attuazione del programma nella città spagnola. Il progetto “Lecce è il suo mare” è frutto della sinergia tra Politiche urbanistiche, della Programmazione strategica, dei Lavori dell’Ambiente e dei Trasporti. Il tema delle marine e della rigenerazione di 25 km di coste, pone una serie di questioni quali la necessità implementare parcheggi, viabilità, trasporti, in una parola i servizi pubblici quale “ossatura di una visione di sviluppo sostenibile”tra essi si contemplano anche ipotesi di “mobilità alternativa”. Il percorso di partecipazione ha coinvolto le aree di Frigole, San Cataldo, Torre Chianca, Spiaggiabella e Torre Rinalda, Parco di Rauccio, l’amministrazione comunale, del sindaco Carlo Salvemini, l’assessore all’Urbanistica Rita Miglietta e il gruppo di lavoro che ha affiancato gli uffici del settore Urbanistica nella redazione del progetto dell' Asse XII “Sviluppo Urbano Sostenibile”. Il percorso di partecipazione Lecce è il suo mare si è sviluppato in incontri con le comunità dei residenti, dei villeggianti, degli imprenditori delle marine leccesi: da questi sono scaturite proposte e idee, sono state segnalate urgenze e necessità. Al momento dell’incontro e del confronto sono seguite le “passeggiate di comunità” che hanno portato la cittadinanza a riscoprire e riappropriarsi della coscienza dei luoghi che caratterizzano la costa leccese e la rendono ricca di potenzialità ambientali, culturali, paesaggistiche. Dal lungomare di San Cataldo, al bacino dell’Idume, da Torre Veneri all’Idrovora e al paesaggio della Riforma di Frigole, alle splendide spiagge di Spiaggiabella e Torre Rinalda, al Parco di Rauccio. Il workshop finale, tenutosi a San Cataldo, è servito a fare sintesi attorno ai quattro temi che il bando regionale per lo “Sviluppo Urbano sostenibile” sollecitava alle amministrazioni comunali: energia sostenibile e qualità della vita; biodiversità e infrastrutture verdi; risorse culturali e ambientali; inclusione sociale e sviluppo sostenibile.  
workshop antica darsena Porto di Genova
Workshop para la reactivación de la antigua Dársena en el puerto de Genova LA REINVENCIÓN DE LA CIUDAD Las ciudades vienen definidas temporalmente por la producción de sus espacios. Cada época crea una capa propia, que le otorga identidad y personalidad. De ese modo, la ciudad puede entenderse como un palimpsesto, como una realidad formada por diversas miradas superpuestas que responden a diferentes connotaciones coyunturales, sociales, culturales, económicas, etc. La crisis contemporánea ha dejado numerosos lugares a la espera de ser reinterpretados y reapropiados por la ciudad. Edificios en desuso, ruinas industriales, vacíos urbanos o paisajes abandonados conforman una serie de posiblidades para repensar la ciudad, para reprogramarla, para “meter en carga el sistema” con los códigos de lo contemporáneo. En este sentido, Génova dispone de un espacio sorprendente, un lugar para soñar una ciudad diversa, sugerente, emocionante. Un vacío que permite escribir frases inesperadas, una hoja en blanco. El puerto, actualmente desconectado de la ciudad, se entiende como un espacio de oportunidad por el que Génova puede asomarse de un modo creativo al corazón de su identidad, al mar. A la espera de un proyecto definitivo, el workshop trabaja en la posibilidad de apropiación de ese espacio mediante usos temporales, no impuestos de modo rígido, sino con la suficiente flexibilidad para que puedan suceder acontecimientos diversos e inesperados. Pasear, correr, jugar, tomar el sol, pescar, leer,…Cuestiones que pueden reformularse con la lógica de la temporalidad y que darán respuesta a necesidades reales. Para ello se han generado una serie de imágenes ficticias que reflexionan sobre un lugar lleno de posibilidades y que responden a la manera de soñar los espacios. Y mientras se espera que llegue un planeamiento definitivo, los genoveses podrán continuar escribiendo en los resquicios de la ciudad, reapropiándose de su tiempo y de su espacio, pensar en un mundo que no les viene dado, sino que lo continúan fabricando con los códigos de sus deseos. https://youtu.be/dKhwLGqylSg
Codesign urbanismo colaborativo
30“La hipótesis fundamental parte de la idea de que el espacio público – esa esfera de deliberación donde se articula lo común y se tramitan las diferencias – no constituye una realidad dada, sino que se trata más bien de una construcción laboriosa, frágil, variable, que exige un continuado trabajo de representación y argumentación, cuyos principales enemigos son la inmediatez de una política estratégica y la inmediatez desestructurada de los espacios globales abstractos”. (El nuevo espacio público. Daniel Innerarity) El espacio público. Consideraciones iniciales. El pasado martes 20 de junio se celebró en Zaragoza Activa la primera de las dos jornadas previstas para el codiseño  del “parque colaborativo” de la “Antigua Casa del Director de la Azucarera”, y que pasará a ser el “Centro de Nuevas Economías”. La jornada contó con una participación muy heterogénea, incluyendo representantes de las Asociaciones de Vecinos, Casa de Juventud, Junta de Distrito, emprendedores de La Colaboradora, así como diversos vecinos que acudieron a título personal. Primeras aproximaciones Una vez realizado un diagnóstico consensuado, se formularon una serie de preguntas genéricas sobre el ¿qué?, ¿para qué?, ¿para quién? ¿con quién? y ¿cuándo? que pretendían realizar unas primeras aproximaciones a los posibles usos del espacio exterior. ¿Es posible vivir sin lugar? ¿Es posible habitar allí donde no se producen lugares? Sólo una ciudad puede ser habitada, pero no es posible habitar una ciudad si esta no se dispone para el habitar; es decir, si no “proporciona” lugares. El lugar es allí donde nos paramos: es pausa; es algo análogo al silencio en una partitura. La música no se produce sin silencio. (La ciudad. Massimo Cacciari) El pasado día 6 de julio tuvo lugar la segunda jornada para el codiseño del parque colaborativo como continuación de lo trabajado en la primera jornada (https://blogzac.es/jornada-i-participativa-sobre-el-parque-colaborativo). En ella participaron miembros de diversas asociaciones vecinales, representantes de colectivos (discapacidad, actividad coral, feminismo, juventud), de la Junta de Distrito, miembros de “La Colaboradora”, responsables de programas MIE, emprendedores, arquitectos, así como personas y vecinos interesados que participaban a título individual. METODOLOGÍA: TIPIFICAR LOS DESEOS Tras una puesta en común de los resultados de la primera sesión (Quiero/No Quiero, DAFO, Usos, Usuarios, Tiempos, #Tags), para agilizar y dinamizar el proceso, se presentaron varias tipologías y estrategias urbanas, basadas en buenas prácticas y en cuestiones abordadas en la primera jornada, que pudieran representar gráficamente diversos acercamientos al solar a modo de un catálogo visual.          Para ello, se elaboraron dos fichas que recogían 8 tipos diversos con la idea de que fueran instrumentos de debate y reflexión, pudiendo tener la posibilidad de introducir modificaciones. De ese modo, se podía pulsar una primera impresión (me gusta/no me gusta) a la vez que una serie de apartados permitían introducir diversas modificaciones, proponer diversos usos, detectar posibles usuarios implicados (stakeholders) o realizar propuestas alternativas. Los participantes se dividieron en 4 grupos de trabajo, para reagruparse posteriormente en una puesta en común. La diversidad de los perfiles generó diversos acercamientos al parque colaborativo, logrando definir aspectos que estableciesen un denominador común a todos ellos: La accesibilidad. El espacio debería ser accesible y debería garantizar la accesibilidad al interior del edificio. Debido a la diferencia de cota entre el exterior y el interior, se deberá plantear una rampa para conectar los dos espacios. La inclusión. La posibilidad de realizar un parque inclusivo como elemento de innovación social que permita la utilización del espacio por parte de cualquier persona. La interacción. Plantear el espacio como un lugar de conexión entre la gente del barrio y las actividades allí generadas. Rehuir de entender los espacios interiores y exteriores como dos ámbitos impermeables. La gestión. Posibilidad de participar en la elaboración de la agenda de actividades con conexiones a los centros de juventud o implicando a las diversas asociaciones del barrio. La experiencia sensorial. El deseo de potenciar las experiencias sensoriales a través del espacio (aromas, sonidos, visuales,…) Se valora muy positivamente la capacidad de estas estrategias sensoriales como elemento potencialmente inclusivo. La flexibilidad. En todas las opciones mas valoradas, se subrayaba la importancia que los elementos fueran móviles (con raíles, pantallas extensibles, cubiertas retraibles), y en la medida de lo posible, desmontables. LAS PROPUESTAS En cuanto a la estrategia arquitectónica hubo una gran variedad de elecciones, si bien, mediante el sistema de “me gusta/no me gusta” se pudieron detectar cuatro opciones que fueron mayoritariamente valoradas. Cada una de ellas incorporaba matices, integraciones y reflexiones. Estas fueron las propuestas que más cse acercaban a los “quiero” y “no quiero” que se habían recogido a lo largo del las 2 jornadas: 1. GREEN MARKET Idea de un espacio flexible y diáfano cubierto por una pérgola móvil (¿sobre raíles?) que pudiera variar su posición según las necesidades concretas de cada actividad, el sol y la sombra. Esta posibilidad cinética podría ser aprovechada para arrojar sombras con contenido semántico (letras de la opción 5) de modo que diera una expresividad cambiante al espacio. Dadas las características físicas del solar, la disposición de elementos que arrojen sombra sobre el espacio parecen necesarias. Contempla la posibilidad de incorporar un mobiliario fijo que actúe de límite del solar, y como solución del desnivel. Así mismo, puntualmente podría albergar un equipamiento temporal que permitiera la celebración de mercadillos, la disposición de social toy’s o diferentes iniciativas para el emprendimiento. Se considera que es un espacio que puede acoger perfectamente diversas actividades en las que tenga un cierto protagonismo el universo sensorial. En concreto se proponen ciclos semanales (“metamorfósis sensorial”) en torno a los sentidos de modo que promuevan actividades de emprendedores y garanticen la presencia de ciudadanos. 2. PLUG IN LAB Esta opción propone un elemento que articula el espacio a través de una pérgola fragmentada y plegada, con diversos grados de apertura y materialidad de modo que permita la celebración de diversos eventos (proyecciones, conciertos, exposiciones, etc.). La diversidad de espacios y de planos fue valorada positivamente por parte de los participantes (si bien, una parte considera más adecuado dejar el solar más diáfano). Dicha pieza, pretende resolver una posible comunicación con el interior (“la tienda mutante”) a la vez que presentan diversas zonificaciones del espacio exterior. Actuaría como un elemento que significaría el acceso al edificio y daría personalidad a su espacio exterior, posibilitando exposiciones, proyecciones de cine y actuando como una gran oreja que escucha recoge y canaliza los deseos de los futuros usuarios. 3. CITY ROOM Planteado como una ampliación virtual y temporal del edificio existente, como un equipamiento público “conectable” que pudiera proponer espacios transitorios yuxtapuestos al espacio público. Se valoró la posibilidad de “conexión” entre equipos y situaciones, así como la capacidad de implantar micro-espacios de Zaragoza Activa, Etopia, Harinera, etc…en otros lugares de la ciudad. Esa “arquitectura parasita” representaría una unidad movil tipo UCI que conectaría los equipamientos mencionados, llevando sus funciones a otros lugares y recorriendo todos los barrios. Propone la posibilidad de incorporar un pequeño equipamiento espontáneo (una caravana re-adaptada) de modo que pudiera activar el espacio en función de los usos (sala, camerino, bar, proyección, taller, biblioteca, etc.). Se propone también un espacio flexible intermedio (a modo de muelle) entre el equipamiento móvil y el edificio de modo que permita diversas conexiones con el interior y diversas reapropiaciones del exterior. 4. UNGRAVITY SPACE Propuesta que explora las posibilidades de ampliar el espacio disponible a través de una duplicación aérea del solar, creando una topografía colgante que pudiera servir tanto para arrojar sombra como para poder ser experimentado como un espacio de relax. Se podría explorar la apropiación del espacio a través de la red que va permitiendo diversos modos de descanso. Se reflexiona sobre la posibilidad de un suelo que vaya formando topografías flexibles. Se valora la capacidad  del espacio. La posibilidad de que esta red pudiese combinarse con elementos de arbolado para dotar de diferentes densidades de sombra al espacio. Se deberán integrar cuestiones relativas a la seguridad. CONCLUSIONES El espacio va a estar condicionado por un contexto cambiante a corto-medio plazo. Por una parte, la inminente puesta en marcha del Centro de Economías Alternativas; por otro, la esperada construcción de un nuevo Centro de Salud en un espacio muy cercano. A ello se suma la planificación de un gran espacio público en una manzana próxima, el espacio “en espera” que existe frente a Zaragoza Activa y la solicitud de unos Juegos Inclusivos en ese mismo lugar incluidos en los presupuestos participativos. La realidad irá marcando los tiempos. El espacio deberá ser lo suficientemente flexible para poder adaptarse y dar respuesta a cualquiera de las circunstancias coyunturales. El grupo de trabajo decidió no apostar por una propuesta concreta, sino por poner en valor ideas generales que hilvanaran un sentir común, pudiendo ser materializadas posteriormente en un proyecto concreto y que permita la creación de un espacio público que permita acoger actividades de modo flexible y dinámico. Ignacio Grávalos |Patrizia Di Monte
Gravalos di Monte - Danza contemporanea
Hace unos meses, junto con el festival TRAYECTOS “Danza en paisajes urbanos”, empezamos a trabajar sobre la elaboración de una “máquina de bailar”. El objetivo consistía en construir un artefacto para introducirlo en un patio de colegio de modo que, a través de la música, cambiara las dinámicas de comportamiento de los niños en el tiempo del recreo. La máquina, deberá ir apareciendo por diversos espacios educativos de la ciudad, dentro del programa municipal “Barrios creando, creando barrios” que fomenta la inclusión, la integración y la participación. Los espacios de poder. La primera cuestión consiste en una reflexión sobre la ocupación del espacio libre de los colegios a través de las diversas actividades desarrolladas. En este contexto, se observa un aplastante dominio del mundo del fútbol que, en una posición de centralidad, se apropia de los mejores espacios. Paralelamente se detecta una ocupación alternativa de otros espacios residuales por parte de niños que no estaban inmersos en el sistema dominante. Se ha trabajado sobre las ocupaciones, los flujos y las dinámicas, analizando la apropiación de los intersticios y evaluando la dialéctica de los diferentes espacios jerarquizados por los hábitos más comunes. La transformación del espacio. Se han formulado diversas maneras experimentales de transformar el espacio al que los niños están habituados a percibir de un modo muy determinado y, por tanto, a asociarlo a una actividad muy concreta. Se decidió modificar la percepción del lugar (la escena lúdica) como primer paso para crear un espacio inédito, casi onírico, que pudiera albergar actividades imprevistas. Para ello se ideó una intervención gráfica que hacía referencia a los circuitos de las tarjetas de sonido, ya que contenía una serie de trayectos y cruces que, una vez conectados, activaban puntos concretos. De ese modo, la metáfora del recorrido permitiría ir recorriendo los espacios del colegio destinados al recreo, hilvanando puntos estratégicos, modificando los flujos cotidianos y redescubriendo intersticios antes invisibles. Cada recorrido, dibujado en el suelo, contiene una serie de mensajes escritos (“Baila”, “Siente”, “Respira”, “Salta”, “Gira”...) que serán puestos en escena con varios ejercicios ensayados durante varias sesiones por Lucía Reula a modo de coreografía. Sin embargo, posteriormente se quedarían como trazas a la espera de ser activadas con nuevos códigos y nuevos usos. En ese sentido, se ha creado un escenario al servicio de la imaginación y la inventiva, que permitirá ser reinterpretado por los niños e inventarse nuevos juegos o desarrollar actividades inesperadas en una red de recorridos y cruces. La máquina de bailar. La máquina de bailar materializa la llegada de la música a un espacio. Contiene todo lo necesario para desarrollar la acción. Más allá de su función contenedora, es un artefacto móvil que, una vez que llega a un lugar, se despliega permitiendo la emisión de música que puede conectarse desde cualquier dispositivo móvil. Más allá de su función puramente musical, proporciona también un espacio para la contemplación, formulando paisajes urbanos oníricos a través de unos conos de visión construidos con espejos, que deforman el espacio a través de diversos reflejos. De este modo, se puede contemplar un espacio cotidiano transformado en algo distinto, algo mágico, en el que las leyes cartesianas del espacio se disuelven en mil fragmentos y permiten concebir que otro espacio es posible. Créditos Cultural promoter: Festival Trayectos Danza en paisajes urbanos. Nati Buil, director; Playground design + installation: Ignacio Grávalos +Patrizia Di Monte architects, estonoesunsolar; Dance choreographer: Lucía Reula; Ethnógraphy: Félix A. Rivas; Photo: Marta Aschenbecher (Colegio Santo Domingo); Trayectos; Gravalosdimonte, Santo Domingo, Ramiro Solans, Fernando Católico, Zaragoza. https://youtu.be/t68XEETXC5w?feature=shared https://youtu.be/8e_YSJfXyYY?feature=shared
Urban Kitchen
  En junio de 2014, gravalosdimonte fueron invitados al Festival Internacional“This is not Detroit”, promovido por la Schauspielhaus de Bochum (Valle del Ruhr, Alemania). El leitmotiv del festival se articulaba en torno a ciudades que se enfrentaban a una nueva realidad, en el horizonte de la desaparición de muchas de las grandes fábricas que la multinacional General Motors había desplegado sobre ciertos territorios. Se debía reflexionar sobre nuevas situaciones inéditas (sociales, económicas, productivas…) que se cernían sobre un nuevo e imprevisto paisaje social. Se propuso la creación de un dispositivo público móvil (urban kitchen) que debía interactuar en diversas zonas de la ciudad. Pretendía ser una reflexión sobre la consistencia del espacio y del tiempo (del espacio público y del tiempo compartido). Un año después, esa experiencia nos permite retomar varias cuestiones relacionadas con el espacio público evanescente. 1 _POSPRODUCCIONES_LA RESPUESTA AMBIENTAL “La destrucción está condenada a ser una de las funciones preponderantes de la sociedad postindustrial”, afirma Baudrillard [1]. En este aspecto, no caben dudas. La sociedad de consumo se ha cimentado sobe la cultura de la obsolescencia. El mundo exige una fecha de caducidad cada vez más breve a todos los productos. Pero no sólo eso, también exige el envejecimiento prematuro del presente. La vida como una sucesión de instantes, de variada intensidad, que altera el significado del tiempo. Y entre el acontecer y el olvidar, el mundo se ve obligado a reinventarse incesantemente, a proponer nuevos comienzos. El reto de la sociedad contemporánea, en este sentido, consiste en incorporar estos objetos agotados en un nuevo ciclo de vida. Para ello, deberíamos pensar más en reconstruir que en construir, repensar el residuo o, en palabras de Pipo Ciorra, habitar la ruina. En este sentido, no es tan interesante la reconstrucción en sí misma, sino la renovación de los ciclos. Imaginar la ciudad dotada de un metabolismo urbano capaz de reinventarse y, a través de lo ya producido, crear valor añadido. Reconsiderar lo existente (el pasado) como un elemento fundamental para crear un futuro renovado. Es en este contexto en el que se decidió trabajar sobre una pieza que había agotado su ciclo de vida, una caravana desahuciada y destinada al desguace. Para ello, se escogió un emplazamiento que, a pesar de sus condiciones marginales, contenía una gran energía latente. Se actuó en el barrio de Hustadt (Bochum), principalmente habitado por refugiados de más de veinte países. A partir de una roulotte de segunda mano, el equipo de estonoesunsolar introdujo las modificaciones necesarias para convertirla (reciclarla) en una cocina móvil con la colaboración de asociaciones locales y vecinos, articuladas en torno al centro cultural de barrio. Se pretendía revalorizar el término residuo e incorporarlo, mediante una nueva visión, a un ciclo metabólico en el que la energía de fabricación y producción pudiera ser reaprovechada y reconvertida. 2 _SUPERPOSICIONES_LA RESPUESTA URBANA Las ciudades son todavía una combinación de lugares en las que el ser humano interacciona. De Certeau [2] habla de “retóricas peatonales”, poniendo en valor la ciudad del paseante, del individuo libre capaz de inventar itinerarios frente a la ciudad planificada y dibujada. Se propuso trabajar sobre el espacio público, pero incorporando cierto grado de experimentación (la ciudad como laboratorio). Ensayar la superposición de elementos en el espacio urbano. Aprovechar los espacios ya existentes como escenario de una nueva función y, por tanto, aportar mayor carácter público a lo que, en principio, ya es público. Tenía que ver, al mismo tiempo, con una voluntad de apropiarse del espacio, en palabras de Lefevbre, de convertirlo en lugar (en un espacio social), de adaptarlo, usarlo y transformarlo. El ensayo se apoyaba en la metáfora del territorio como palimpsesto, como espacio que va adquiriendo capas (historias, acontecimientos) y soporta una constante re-escritura. Marini [3], en un ensayo sobre la producción de nuevos territorios, se refiere al proyecto como la “inmersión de un objeto anómalo que dicta nuevas reglas en un espacio ya regulado”. En este caso, un proyecto que se genera a base de adiciones y montajes sucesivos, y en el que la disonancia es considerada como un valor. La cesión de una mini-infraestructura (un dispositivo portátil), de un fragmento de espacio público móvil a los ciudadanos, potenciaba la capacidad que tenían de configurar directamente (de modo efímero) la ciudad en torno a sus deseos. El dispositivo móvil (urban kitchen) proponía situaciones imprevistas y temporales. Apostaba por una segunda ciudad, efímera, incierta, transitoria, que se “enciende y se apaga” según se van activando espacios inicialmente desolados o dislocados. Vendría a ser una reacción frente a la cotidianidad programada. Con este tipo de prácticas, la ciudad se obliga a reformularse, a buscar nuevos significados a través de prácticas urbanas ordinarias y creativas. Se trataría, en cierto modo, de la concepción de una ciudad ciertamente inconsistente, inaprensible e incierta, significada por flujos, por intermitencias y por situaciones transitorias. Para definir este tipo de sobreescrituras en el espacio público, Giovanni La Varra [4] introdujo el concepto de “Post-it city”, calificándolos como un “dispositivo que concierne a las dinámicas de la vida colectiva, al comportamiento de los individuos, a sus formas de reunirse, estar juntos, agregarse, reconocerse y distinguirse fuera de los canales convencionales”. 3 _INTERACCIONES_LA RESPUESTA SOCIAL Se propuso la re-activación de varios emplazamientos concretos en los que se podían hilvanar nuevas relaciones sociales. La “urban kitchen” era concebida como una infraestructura para el bienestar. Un dispositivo, una posibilidad de reforzar el sentido de comunidad, de lo compartido y, por tanto, el sentido de identidad. Pretendía provocar el salirse de sí mismo, de reaccionar frente a las comunidades cerradas (gated community). La propuesta invocaba claramente al azar, a la sorpresa, a exponerse a lo desconocido, a encontrarse con personas que uno no buscaba o, en palabras de Hannerz [5], a“presenciar escenas para lo que no se está preparado, pero que forman parte de la vida urbana hasta un grado peculiar”. La caravana, gestionada por el centro cultural Hu-Stadt, actualmente está a disposición de cualquier ciudadano, colectivo o asociación que desee apropiarse por un momento de un espacio público. Contiene todo lo necesario para cocinar y todo el mobiliario para desplegar una mini-infraestructura para reunirse en torno a unas mesas. Ha sido utilizada para celebrar eventos, apoyar festivales, celebrar cumpleaños, etc. Ha ido teniendo presencia en diferentes puntos de la ciudad, como una extensión móvil de una realidad local. Se estableció un taller de implicación ciudadana que permitiera una toma de decisiones no preconcebidas gestionado por la Kultur Hustadt. Subyacía en todo ello una idea social que coloniza transitoriamente un lugar, aglutina una serie de ciudadanos y retiene su tiempo. 4 _TRÁNSITOS_LA RESPUESTA TEMPORAL La caravana disponía de una gran capacidad de almacenaje y movilidad. De ese modo, los forros desmontables interiores se transformaban en las mesas. Un pequeño huerto urbano se disponía en el techo de la caravana protegido por unas claraboyas-invernaderos que venían a funcionar como sirenas ecológicas. Un periscopio situado en la caravana permitía observar la ciudad a través de los productos verdes cultivados en el techo. Un gran rótulo luminoso, situado también en la parte superior de la caravana, indicaba la presencia del dispositivo allí donde se establecía, como una señal, pero también como una invitación a compartir el tiempo. Recordaba, en cierto modo, a la imagen onírica de la llegada de los antiguos circos a un pequeño municipio. Podría pensarse que se trataba de un “pack de sociedad gastronómica móvil” que contenía todos aquellos elementos necesarios e imprescindibles para establecer un lugar en torno al hecho de cocinar (roulotte-cocina + elementos plegables o desmontables), que permitía alternar el hecho íntimo con la realidad pública. Detrás de todo ello, se ponía en valor la idea de viajar, de conocer lugares, observar territorios, de producir un espacio nómada. En principio, serían recorridos locales, a nivel de barrio (Hustadt), pero que podrían ser extensivos al resto de la ciudad. [1] Baudrillard, Jean.  La sociedad de consumo [2] De Certeau, Michel. La invención de lo cotidiano. [3] Marini, Sara. Nuove terre. [4] La Varra, Giovanni. Post-it city. Los otros espacios públicos en la ciudad europea. [5] Hannerz, Ulf. La exploración de la ciudad. Fotografías: gravalosdimonte https://youtu.be/I05lbhMaaSM?feature=shared https://youtu.be/ANR1X0Wknao?feature=shared https://youtu.be/FDxpufh79zc?feature=shared
Workshop Public Identity and Common Space
Workshop Progettare paesaggi quotidiani "PICS Public Identity and Common Space" Univesrsitá Architettura Roma 3 Intervención en Parchetto Feronia, Pietralta - Roma Workshop de la Università Roma 3, en el barrio de Pietralata, en el marco del pro‐ yecto de investigación LUS Living Urban Scape y en colaboración con el Master “Arti Architettura Città” del Departamento de Arquitectura de la “Università degli Studi Roma Tre”. Se formaron tres grupos de estudiantes a cargo de tres equipos internacionales François Vadepied e Mathieu Gontier de Wagon Landscaping (https://sites.google.com/site/wagonlandscaping2/) – Paris; German Vanzuela (http://www.utalca.cl/link.cgi//SalaPrensa/Antiguas/1855) dir. Universidad De Talca (Cile) y François (http://fr.linkedin.com/pub/fran%C3%A7ois-guynot-de-boismenu/37/868/80) Guynot de Boismenu de la L’école nationale supérieure d’architecture de Paris La Villette (http://www.parislavillette.archi.fr/cms/); gravalosdimonte (http://gravalosdimonte.com) estonoesunsolar (http://estonoesunsolar.wordpress.com) Previamente los estudiantes habían realizado unos recorri‐ dos intuitivos (una “deriva”) y elaborados unos mapas dirigidos por Francesco Careri. Cada grupo trabajó en una zona concreta del “Parchetto Feronia” y realizó una intervención en función del mate‐ rial (tablas de 20.5.400 , 15.2.400 y 5.5.400) y del tiempo disponible: 6días. Se trataba de un ejercicio de reflexión sobre las intervenciones mínimas, sobre la relación del material con el paisaje y con la tem‐ poralidad, sobre la autoconstrucción. Junto con los estudiantes, detectamos tres líneas de intervención: 1. “Bosco a dóndole”. Un recorrido semioculto que comunicaba los dos niveles del parque rodeado de grandes chopos. 2. “Stazione Feronia”. Un conjunto de árboles que ofrecían sombra en lugar próximo a la zona exis‐ tente de juegos infantiles. 3. Un sistema de señalización que pusiera en valor los recorridos y creara una red de las intervencio‐ nes realizads en el workshop.
BRINDISI IS YOU Laboratorio cittadino innovazione sociale
Workshop "Brindisi is you!" Laboratorio de participación ciudadana y de innovación social para el diseño de un nuevo parque modular en el barrio Perrino de Brindisi. Objetivos del proceso de participación: Sensibilizar sobre el ahorro de residuos; Mejorar los espacios públicos; Generar nuevas relaciones sociales; Definir los usos del nuevo parque.
Reuso temporal de espacios en desuso
Workshop, citizen board and 5 days event with public and private ownership, cultural associations, citizens, artists and international experts to compare planning devices and availability of space in the Municipality of Milan.The temporary reuse days will help to design the new vocation of 9 abandoned and underutilized public spaces,and to be reactivated with public calls open to the citizens. Thematic groups on: land use, temporary reuse, DIY. The temporary reuse days are edited by Temporisuo association and the Department of Architecture and Planning of Politecnico di Milano University, are promoted by the Municipality of Milan, the Politecnico di Milano and part of the IF-Immagina il Futuro (envisions future) event,the initiative is promoted by the Province of Milan and the Chamber of Commerce of Milan.
public space recycle limburg
Recycle limburg international workshop Zuyd University, The Netherlands “We recycle things that are subject to a life cycle. Parts of cities, objects, materials: talking about the city as something that can be recycled makes us think about its rhythms, life cycles, metamorphoses.” (Viganò P., 2012 in Fabian, L., Giannotti, E., & Viganò, P.) Cities and territories as renewable resources is today quite a shared concept among architects and urbanists; however each territory is unique, hence needs specific approaches to be “re-cycled”. This implies to closely observe territory and read the traces left from the continues process of transition, cancellation and rewriting (Corboz 1983). Located in the South of Netherlands, Limburg appears to be a territory in transition and is certainly going through deep-set changes and be at the conclusion of one or more life cycles. Speaking of life cycle for cities and territories entails to understand dynamics of transformations, which occur slowly or after radical shocks. Each of them implies losses and costs, but offers potentiality of under-performing sites. Starting from the evaluation of what already exist the concept of recycle aims to work with former architectural elements, infrastructures, public spaces and vacant sites. This workshop focuses on the public space of Kerkrade West. The municipality of Kerkrade is part of Parkstad Limburg. Parkstad Limburg is an alliance of eight municipalities in the south-east of Limburg with a shared history in a.o. the coal mining industry. Kerkrade West is one of the districts within Parkstad Limburg with a complex and multiple problems: population decline, ageing population, unemployment, out-dated housing, vacancy of houses and shops, etc. On the other hand there is a clear change readiness by the municipality and part of the inhabitants, shopkeepers and entrepreneurs. Socio-spatio-economic policy of the municipality is focussed on countering this issue with selective restructuring/redevelopment and by trying to develop a new identity for Kerkrade West. The approach here however is rather traditional (top down, bureaucratic) and faces difficulty in stimulating/supporting initiatives from the local community. Picture 1) Artist work in London Picture 2) temporary appropriation of parking plot in Canada 2) PUBLIC SPACE The transition of a territory is never socially neutral. Working on collective, shared spaces implies the engagement of local people and the necessity to understand the meaning of this concept in their everyday context. The meaning of so called “public space” is not only a question for designers and administrators but is a challenge for everybody. All actors will play an active role in the development of a new direction, as space cannot only be considered from a ‘technical perspective or expertise’ (Certeau, 1984) An attractive and shared public space is fundamental for the social and cultural functioning of a neighbourhood and the wellbeing of the inhabitants. Public space contributes to the identity, sustainability and liveability of neighbourhoods. Many of the 20th century neighbourhoods/districts of Parkstad-Limburg suffer of a lack of qualitative public space; a public space that is socially and culturally meaningful and attractive for a diversity of users. In Parkstad public space is well maintained but very mono-functional place, often designed with a narrow focus on mobility and/or social safety. This results in a space mainly used as traffic space, parking spot or ‘visual greenery’. Therefore the social and cultural potential of public space often remains unused, and often perceived as nuisance. A stimulating and shared public space on the other hand can contribute to social interaction, the potential and wellbeing of local communities. This workshop focuses on the re-invention of public space. It aims to strength : a new neighbourhoods identity, the vitality and resiliency of local communities by designing (strategies for) sustainable and a temporary and innovative interventions in public space.
UNIFERRARA Facoltá architettura gravalosdimonte arquitectos VISITING PROFESSOR
Rigenerazione urbana e riuso Ferrara Gravalosdimonte arquitectos sono i vincitori del bando dell’ Università degli Studi di Ferrara, dipartimento di Architettura, per il conferimento dell’ incarico di supporto all’ attivitá do‐ cente del Laboratorio di Sintesi finale durante il secondo semestre dell’ A.A. 2013-2014, sul tema della rigenerazione urbana. «Il laboratorio intende stimolare il laureando a riflettere sull’urgenza del tema della rigenerazione urbana. La perdurante crisi economica, caratterizzata da una drastica riduzione della leva finanziaria a supporto dell’investimento immobiliare e dalla simmetrica contrazione della capacità di spesa, crea le condizioni per una compiuta valorizzazione del patrimonio esistente. Il falli‐ mento delle politiche metropolitane, discriminanti l’offerta insediativa in funzione inversa alla qualità dei servizi presenti sul territorio, ha generato un flusso di ritorno verso le città, organizzate in reti ad elevata accessibilità che sfuggono ad una preventiva pianificazione. La diffusa sensibilità per la ridu‐ zione dei consumi, impone nuove modalità di organizzazione del costruito, al fine di massimizzarne il rendimento energetico in una prospettiva di medio-lungo termine. La cultura del progetto è così chiamata a confrontarsi con i diversi gradi e livelli dell’attuale trasformazione urbana.»
Do It yourself Vilnius
Do it Yourself, Creative Public Urban Space International Symposium and workshop  in Vilnius, Lituania  
Taller arquitectura y danza
"Especies de espacios" Workshop de Arquitectura y Danza organizado en el marco del Festival "Trayectos, Danza en Paisajes Urbanos" en las instalaciones de Zaragoza Activa e impartido por Ignacio Grávalos Arquitecto
Taller de arquitectura y danza
"Espacios que no ví" Taller de Arquitectura y Danza organizado en los espacios de Etopia, el marco del Festival "Trayectos Danza en el Paisaje Urbano" impartido por Ignacio Grávalos arquitecto y Lucía Reula coreógrafa.
workshop arquitectura y danza
Gamelan - Workshop de arquitectura y danza organizado en el marco del Festival "Trayectos Danza en el Paisaje urbano", en los espacios del Centro de Historia de Zaragoza, impartido por Ignacio Grávalos arquitecto y Carlos Cortés artista
Creative Living Lab - Linee di Rigenerazione
Patrizia Di Monte è l' esperta in rigenerazione urbana del progetto “Linee di rigenerazione” di Spazi Indecisi, finanziato dal MiBACT, Creatività Contemporanea. Con il II bando Creative Living Lab la DGAAP ha riproposto la formula d’intervento, già sperimentata con la I edizione nelle periferie italiane, intese come territori che vivono realtà di fragilità sociale, economica e ambientale, non necessariamente lontani dal centro fisico della città, che coinvolga diverse espressioni della creatività contemporanea nella rivitalizzazione urbana e socio-culturale del territorio e delle comunità. “I progetti selezionati dal Miba hanno l’obiettivo di migliorare la fruizione e la qualità dei luoghi individuati, di incentivare l’attivazione di percorsi di partecipazione e autocostruzione attraverso il coinvolgimento di soggetti attivi sul territorio e di promuovere un sistema di autorganizzazione dal basso, tale da favorire un processo di empowerment e di riappropriazione nelle comunità coinvolte. I progetti premiati prevedono il coinvolgimento delle comunità locali, la multidisciplinarietà delle professionalità impiegate, la possibilità di uno sviluppo a medio-lungo termine e l’utilizzo di metodi riproponibili anche in altri contesti, ed avvalora l’importanza di sviluppare il senso identitario e di appartenenza al proprio territorio. I progetti delle associazioni locali dimostrano la necessità di attivare e rilanciare le microeconomie locali attraverso processi culturali condivisi”. Il progetto “Linee di rigenerazione” a cura di Spazi Indecisi, realizzato in partnership con Città di Ebla e la Coop. Casa del Cuculo e in collaborazione con Azienda Acer, coop.Cad, Università di Bologna e il Comune di Forlì, si è aggiudicato il premio “Creative Living Lab II edizione" promosso dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo. "Linee di rigenerazione" opera nel Quartiere San Pietro nell’area delle case popolari Acer, abitate da famiglie in stato di fragilità sociale ed economica, e nel quartiere Musicisti Grandi Italiani nell’area dei Portici, caratterizzata da ampie aree verdi non progettate e negozi sfitti. Il progetto vuole abilitare le relazioni tra persone e città, rivitalizzando spazi ed aree inutilizzate (piazzette, porticati, corridoi, parcheggi, muri e zone interstiziali non utilizzate) attraverso micro-interventi di rigenerazione urbana che gli stessi cittadini concorreranno a definire, a costruire e poi a curare come aree gioco, orti pubblici, arredo urbano, ecc. Il progetto ha previsto le seguenti fasi: esplorazioni, passeggiate, sopralluoghi partecipati per mappare il quartiere e ricercare i luoghi con un potenziale di rigenerazione; raccolta di foto, video e testimonianze per costruire una mappa emotiva del quartiere; laboratori di Quartiere per la scelta partecipata dei luoghi e per la coprogettazione dei dispositivi e degli interventi di rigenerazione; workshop di design urbano per la progettazione e autocostruzione di dispositivi di rigenerazione a cura di Patrizia Di Monte; workshop di segnaletica urbana per connettere ExAtr e i luoghi rigenerati a cura di Andreco; ed infine la realizzazione degli interventi e inaugurazione delle Linee.
Regeneración urbana barrio San Lorenzo - Roma
Workshop con la "Universitá La Sapienza di Roma", ARU, Prof. Mariano, para la regeneración de vacíos urbanos y reactivación de edificios en desuso en el barrio de San Lorenzo, en Roma (Italia). Ignacio Grávalos e Patrizia Di Monte sono visiting professor presso la Facoltá di Architettura  della Sapienza di Roma, corso di laurea in rigenerazione urbana. L’ area studio, recentemente oggetto di un importante bando di concorso del Comune di Roma, é lo storico quartiere di San Lorenzo, con focus su via dei Lucani. Il tessuto urbano é caratterizzato da una forte presenza di edifici e manufatti non più utilizzati e degradati. Con la riconversione a nuovi usi e con l’inserimento di funzioni strategiche, offrirebbero occasioni di riqualificazione a scala locale e urbana.  
project partner horizon 2020 Patrizia Di Monte
Generative commons Workshop - University of Applied Arts Vienna El toolkit de usos temporal desarrollado por Patrizia Di Monte, socia del proyecto gE.Co living lab, ha sido presentado en el workshop organizado por los project partners en la Universidad de Artes Aplicadas de Viena. El “toolkit de reutilización temporal” forma parte de un conjunto de herramientas establecidas por el programa Generative Commons, centrándose de forma exhaustiva en aquellos procesos específicos del espacio, creando una secuencia de análisis de factores que permitan evaluar todos esos aspectos (urbanos, legales, constructivos, medioambientales, de sostenibilidad, económicos, etc.) que condicionan la inmersión de los #edificiosvacíos en un nuevo ciclo de vida, #reprogramando el entorno construido con nuevos usos y un nuevo ciclo de vida de los edificios existentes. Objetivos Los objetivos del T.U.T. son los siguientes: -Facilitar, tanto a las Administraciones Públicas como a los ciudadanos, dinámicas flexibles que permitan activar mecanismos para reincorporar espacios en desuso en un ciclo de nueva vida útil. – Establecer una metodología que permita tener una visión global de todos aquellos procesos necesarios para la reutilización temporal de edificios abandonados, principalmente destinados al empoderamiento de los comunes. – Desarrollar específicamente aquellos procesos relacionados con el espacio y aquellas circunstancias necesarias para evaluar los diferentes parámetros que permitan analizar su viabilidad e implementación. – Proporcionar una herramienta de análisis de casos existente. – Facilitar la ordenación de casos de estudio que puedan escenificar los procesos a abordar. Metodología El conjunto de herramientas tiene una doble ambición. Por un lado, muestra una visión global de todos aquellos factores que intervienen en un proceso de reutilización de edificios abandonados, desde el proceso de cartografía de los espacios vacíos y la demanda ciudadana existente, hasta cuestiones relacionadas con la gobernanza, los marcos legales o el seguimiento de la gestión. . Por otro lado, incide de forma más exhaustiva en aquellos procesos específicos del espacio, creando una secuencia de análisis de factores que permitiría valorar todos aquellos aspectos (normativos, constructivos, ambientales, económicos, inclusivos, etc.) que condicionan el inmersión del edificio en un nuevo Ciclo de Vida. Para esta instancia la metodología se basa en la secuencia temporal de los procesos, dividida en 6 pasos: Oferta, Demanda, Asignación, Financiamiento, Implementación y Evaluación. A pesar de su carácter global, la metodología permite aplicar cada apartado de forma independiente.
MODELOS DE USO Y GESTIÓN DE EDIFICIOS SIN USO ESTONOESUNSOLAR GRAVALOSDIMONTE
Encuentro de #arquitecturascolectivas2019 en Palma de Mallorca para el cual hemos sido seleccionado para presentar el Proyecto Europeo Horizon 2020 «Generative Commons Living Lab.  The exchange platform for formal groups or informal communities of citizens who manage fab-lab, hubs, incubators, co-creation spaces, social centres created in regenerated urban voids» y para participar al taller de definición de modelos de uso y gestión de edificios sin uso.
Arcipelago Italia Biennale Architettura Venezia
Evento Partecipazione Matera Mostra introduttiva e Laboratorio partecipato, Arcipelago Italia per la Biennale Architettura Venezia. Un collettivo di professionisti ha lavorato su cinque aree strategiche per il rilancio delle aree interne dell' Italia, attraverso lo sviluppo di progetti sperimentali e mirati, esposti al Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018. Tra le aree individuate era presente Matera, con particolare attenzione alle aree interne della Basilicata. A supporto dell’indagine che ha anteceduto il progetto, é stato importante  il confronto con le persone che abitano il territorio, e con chi da tempo amministra i Comuni coinvolti e ne conosce a fondo caratteristiche, criticità e potenzialità. Il Collettivo Arcipelago Italia ha sviluppato un dialogo con gli agenti locali sul tema dello sviluppo del territorio e in particolare del ruolo che l’area del fondovalle potrebbe giocare per favorire sviluppo e creazione di nuove reti; con questo obiettivo, é stato organizzato un workshop come momento di confronto. Lo scopo del workshop iniziative è quello di raccogliere suggestioni utili rispetto alle riflessioni che il Collettivo ha portato in mostra in Biennale. Le domande poste alla comunitá locale sono: Cosa ci accomuna? Cosa non funziona? Come vorrei che fosse? Qual è il perimetro della comunità? C’è un terreno fertile per fare rete? Dopo le giornate di ascolto sono stati presentati i progetti dei due edifici ibridi, per lo scalo di Grsassano e per lo scalo di Ferrandina.  
La plaza que queremos
Proceso participativo para el diseño de la Plaza España de la Puebla de Hijar: "La plaza que queremos" ESPACIO URBANO “Es lo que limita un vacío” , una plaza, una calle, un parque, es un espacio rodeado de edificaciones o elementos constructivos o paisajísticos ordenados que lo delimitan. El planeamiento urbano es capaz de definir patrones de comportamiento concretos, la conducta y actividad humana están ligadas al proceso de planeamiento. Para que un espacio público tenga calidad debe tener las siguientes características: - Accesible - Seguridad - Cobijo - Aislamiento del tráfico - Generar oportunidades - De descanso - De congregación HECHO URBANO “Es el uso del espacio urbano”. Es temporal y determinante en la percepción y recuerdo del espacio, tanto para los habitantes de la población como para los visitantes. Las imágenes colectivas de los hechos urbanos son fundamentales en la percepción del espacio, los edificios que lo configuran, las actividades que se realizan en los edificios y en los espacios. El objetivo es obtener un espacio público adecuado para la vida urbana y los hechos urbanos importantes que se van a realizar en él. Por ello, es necesario capturar las necesidades sociales y no transformar la plaza como un mero proceso de planeamiento, sino partir de las necesidades de los ciudadanos, transformar el entorno urbano y proveer a la sociedad de una mejor calidad de vida.
Mending the periphery
Mending the periphery - DAStU - Politecnico di Milano Politecnico di Milano Patrizia Di Monte es visiting professor del Workshop "Catullo va in cittá", dirigido por el professor Andrea Di Giovanni del Dastu, Facultad de Arquitectura del Politecnico di Milano. Workshop #Cult politiche azioni e progetti di micro generazione urbana per la ricerca Catullo va in città del DAStU - Politecnico di Milano Politecnico di Milano  
open space technology parque colaborativo Bologna
Laboratorio de ideas ciudadanas para el  Concurso internacional de ideas, organizado por la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, para el proyecto del nuevo espacio público a Croce del Biacco del barrio San Vitale, en la periferia de Bologna. Objeto del concurso una intervención de reurbanización "low cost" pero de alta calidad ambiental y social en el espacio público abierto y el sistema de acceso, conexiones. y conexiones ciclopeatonales con los lugares de reunión social que lo rodean. Un desafío de diseño que se materializa en la rehabilitación de espacios públicos, ahora todos "autistas" entre sí. La Fundación Monte y el Ayuntamiento de Bolonia pretenden desarrollar esta iniciativa con una metodología que promueva la participación comunitaria, creando un proceso que involucre a la ciudadanía en la actividad del proyecto. La herramienta identificada es el "Laboratorio", en el que la comunidad y los diseñadores discutirán requisitos, limitaciones, ideas y soluciones. El responsable del Laboratorio será un "Facilitador" profesional de confianza de la Fundación Monte, con experiencia en procedimientos participativos, que tendrá la tarea de solicitar y estimular las solicitudes de los ciudadanos, para representar los valores compartidos y las necesidades futuras ante los diseñadores. partiendo de un conocimiento de los elementos históricos, sociales, culturales y ambientales del lugar. Los métodos de evaluación y elección de los diseñadores quedan fuera de la aplicación de las normas públicas en materia de encargos, ya que la Fondazione del Monte es una entidad privada, ajenos al ámbito subjetivo de aplicación de la legislación. Sin embargo, en la realización de la investigación y la consiguiente selección, la Fundación Monte se inspirará en los principios comunitarios de no discriminación, igualdad de trato, proporcionalidad y transparencia.
Workshop Pop up the street
Workshop Pop up the street - Riattiviamo via Manzoni, Bari Deriva y proceso de participación ciudadana para la reactivación de locales en desuso en el centro histórico de la ciudad de Bari, Italia. Reactivicity_Old spaces / New uses,  percorso collettivo di apprendimento teorico e laboratoriale, sul tema del riuso creativo degli spazi dismessi. Negli ultimi anni le città sono cresciute a dismisura, il mattone è stato a lungo il motore di un falso sviluppo urbano. Possono la creatività, l’innovazione sociale, la sostenibilità ambientale, il design essere il motore di una ri-attivazione sostenibile degli spazi urbani dismessi e abbandonati? Questo è il tema di Reactivicity, Laboratorio dal Basso organizzato dalle associazioni Pop Hub, XScape, Garden Faber, Esperimenti Architettonici, Siamo Tutti Tufi, Undergrà, Vuoti A Rendere, In.cul.tu.re, che attraverserà la Puglia dal 24 ottobre al 24 novembre con sei workshop itineranti. Il Laboratorio, strutturato in sei appuntamenti con lezioni e workshop, si propone di approfondire il tema del riuso creativo degli spazi urbani e del patrimonio edilizio dismesso o inutilizzato con un duplice obiettivo: formare competenze e strategie per il recupero e la riattivazione, con programmi, metodi e pratiche d’intervento; promuovere la condivisione di informazioni ed esperienze, la partecipazione civica, la sperimentazione di pratiche di scoperta, la riappropriazione e la cura degli spazi. L’iniziativa è nata dall’incontro e dalla cooperazione tra giovani realtà attive nel territorio pugliese che si propongono di aprire una riflessione sul tema del riuso sostenibile e creativo del patrimonio dismesso, affrontando le diverse problematiche relative alle modalità d’intervento dal punto di vista funzionale, normativo e di fattibilità. Attraverso il racconto di esperienze che hanno avuto luogo in altri contesti e attività pratiche di progettazione guidate da esperti nazionali e internazionali, il Laboratorio sperimenterà nuovi approcci progettuali al tema del riuso. Reactivicity si rivolge a tutti gli attori coinvolti nella cura e nella gestione delle città, ai cittadini, alle associazioni, agli amministratori e a chiunque sia interessato alle dinamiche di sviluppo sostenibile e innovazione sociale. Si avvicenderanno, in qualità di docenti professionisti, progettisti ed esperti impegnati nelle pratiche di trasformazione creativa dello spazio urbano: Patrizia Di Monte (estonoesunsolar), Massimo Costa (Assotemporary), Antonio Nicoletti, Federico Ottolenghi, Carlo Infante, Maurizio Carta,  Antonio Monte, Fabrizio Casetti, Andrea Bartol (Farm Cultural Park), Stefano Serafini (Progetto Artena Design), Marco Lampugnani di Snark spacemaking, Martin Rein Cano (Topotek Office, Berlino),  Josè Luis Vallejo (ecososistema urbano). estonoesunsolar ha sido el encargado de dirigir la primera sesión de los 6  workshops, proponiendo la apertura temporal de algunos locales comerciales en desuso a lo largo de via Manzoni durante esta primera semana de Recativicity. La voluntad de poner en evidencia que la «productividad» de ideas puede reactivar la calle, remplazando la actividad «comercial» en lenta decadencia. Nuevos procesos de integración de los vecinos y localización de los espacios que acojerán sus nuevas exigencias. La acción planteada ha visto una primera fase de involucración de los vecinos, sondeo de sus necesidades y elaboración de un mapa de nuevos usos. Según las horas del día nos desplazabamos para individuar los puntos de máxima afluencia, la compra por las tiendas del barrio en la mañana , la salida del colegio por la tarde. Colocando una pizarra móvil en Piazza Risorgimento, se preguntaba a cada usuario que escribiese lo que añoraba en la calle y qué tipo de nuevos usos podrían facilitarles la vida de barrio. Los participantes al laboratorio disponían de varias etiquetas, una amarilla para identificar espacios de nueva oportunidad, una roja para evidenciar situaciones negativas y una azul para colocar en los escaparates de locales fuera del barrio y que hubieran querido trasladar en Via Manzoni. Trás varios intentos con el presidente de la Asociación de comerciantes de Via Manzoni, conseguimos la cesión temporal de un local y proponemos posicionarnos en el «escaparate» para realizar la sesión de puesta en común de propuestas de vecinos y participantes al workshop, y un debate de reflexión en el cual se plantearon los pasos a seguir. Finalmente como tutor proponemos la organización de un festival en primavera durante el cual los locales comerciales en desuso permanecerían abiertos una semana, transformándose en «laboratorios creativos», un primera oportunidad para averiguar cuales de los «nuevos usos productivos«,  no solo comerciales, que se implantarán de forma temporal tienen una respuesta positiva por parte de los vecinos. ¡Nos vemos en la primavera 2014! foto @elenafedeli + http://www.laboratoridalbasso.it/?p=1343  
Berlage Institute Rotterdam
Patrizia Di Monte is invited professor and Jury of "Regenerating Public Space through Urban Acupuncture" Workshop at Berlage Institute Rotterdam, The Netherlands.
estonoesunsolar escuela arquitectura niños
 ESTONOESUNSOLAR, ha organizado un programa dirigido exclusivamente al mundo infantil, por la idea ilusionante de acercar los niños al mundo de la arquitectura y de la creatividad. Se han planteado unos talleres y un concurso al que han sido invitados a participar grupos de niños de 6 a 11 años del Colegio Santo Domingo, Centro Infantil Cadeneta, Centro Infantil Gusantina, Colegio San Vicente de Paúl y del Colegio Oficial de Arquitectos de Aragón Demarcación de Zaragoza. En estos talleres, dirigidos por  Qué Es Arquitectura,  los niños de 5 colegios y centros lúdico infantiles de la ciudad de Zaragoza, pensarán y reflexionarán sobre las posibilidades de transformación de un solar. Los talleres contarán con la presencia de 20 arquitectos de prestigio de Zaragoza que asistirán a los niños en el proceso de ideación y dibujo, trasmitiendoles las herramientas básicas de la arquitectura. niciativa y organización: oficina técnica estonoesunsolar, programa gestionado por Zaragoza Vivienda. Colaboran: Colegio Oficial de Arquitectos de Zaragoza, Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Zaragoza, Universidad San Jorge, el Espacio Joaquín Roncal de la Cai. Premios esponzorizados por la empresa Imaginarium.  
Our Public Space Chicago
Our Public Space, Who Owns It, Who Shapes It, and Who Benefits From It“, workshop at Hyde Park Art Center, supported by Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts, Chicago. Our Public Space is a program of lectures and workshops presented by national and international architects, designers and artists addressing the current state of public space and the built environment. Organized by Dilettante Studios, MAS Context and the Hyde Park Art Center, Supported by Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts, The Illinois Humanities Council, the National Endowment for the Humanities, and the Illinois General Assembly. Invited guest: Quilian Riano, Mimi Zeiger, Patrizia Di Monte.
Wien Underconstructions workshop estonoesunsolar gravalosdimonte
gravalosdimonte architects participated with estonoesunsolar at the 4º workshop underconstructions: observatory of innovative practices in Europe that reflects changes happening in the field of architecture and urban planning. Topic Who to talk with the city authority Participants: Underconstructions (http://www.underconstructions.eu/#workshop-4-vienna) organizers Marie-Hélène Contal: Cité de l’Architecture et du Patrimoine (http://www.citechaillot.fr/en/)– Directeur adjoint, partner project manager of under‐ constructions; Yvette Masson-Zanussi: EFAP (http://www.efap-fepa.eu/index.php) – manager, project manager of underconstructions; Marco Stathopoulos: EFAP – project manager assistant of underconstructions; Hannes Schreckensberger: wonderland (http://www.wonderland.cx/index.php?idcat=4), platform for european architecture – project partner mana‐ ger of underconstructions; Célia Picard: wonderland, platform for european architecture – project partner manager of underconstructions; Lorenz Potocnik: Umbauwerkstatt, Linz, AT Patrizia Di Monte (https://gravalosdimonte.wordpress.com/): 2009-2010, director of estonoesunsolar (http://estonoesunsolar.wordpress.com/), Zara‐ goza, ES Jens Brandt: Supertanker, Copenhagen, DK Collectif Etc: architects, FR
Zaragoza Laboratorio Futuro 2034
“DIGITAL BEACH» FICCIONES SOBRE ZARAGOZA 2034 Laboratorio de posibles visiones de futuro. El futuro de la economía local en Zaragoza. Tema: "Ciudades habitables" Digital Beach. Ignacio Grávalos / Patrizia Di Monte "Como todos los martes, a las nueve en punto de la noche, acudí a la playa. Esta vez, el software de ocio programado, me había asignado la hamaca nº 978-84-8383-029-1 y la franja horaria de “atardecer vodafone”. Seleccioné la opción musical en mi archivo epitelial y me puse las gafas polarizadas, comenzando a tomar un baño magnético bajo la luz rojiza de Zaragoza. Aquel año nos dimos cuenta de que el mundo se había quedado pequeño. La sociedad había cambiado, sin embargo la ciudad parecía haberse fosilizado. Las viejas estructuras del siglo XX no lograban dar el suficiente soporte al futuro, ese lugar donde pasaríamos el resto de nuestras vidas. En 2014 las leyes del desarrollo urbano habían sufrido un colapso. La Comunidad Europea elaboró un Decreto por el que se prohibía cualquier nueva construcción. Esto creaba un dilema, las nuevas necesidades requeridas por la sociedad deberían adaptarse a lo existente, se debería reprogramar la ciudad existente. La prohibición derivó en dos situaciones. Por un lado, una población censada y regulada, con itinerarios y funciones predeterminados, tenía permiso de acceso a la zona restringida. Con la aprobación de la OMHN (Ordenanza Mundial de Hábitos Neutros) cada habitante disponía de un prospecto personalizado en el que se indicaba, con gran precisión y minuto a minuto, todos los movimientos que se debían realizar a lo largo de los días. Este programa, realizado por complejos algoritmos de interacción-repulsión social, había previsto la eliminación de cualquier tipo de conflicto en el espacio público. “Por un nuevo futuro aséptico” replicaba la voz robotizada que expedía mensualmente las instrucciones de interacción social. Una gran base de datos actualizados a tiempo real, registraba el estado emocional y psicológico de cada ciudadano, asignando a cada uno de ellos los encuentros más favorables según una tabla tecno-empática. Se había establecido la tiranía del hiperbienestar controlado. Del mismo modo, los pensamientos diversos se consideraron molestos e inadecuados; no tendrían lugar en el espacio público, los encuentros sólo se autorizaban en transacciones estrictamente mercantiles autorizadas por la Cámara de Comercio. El gobierno había eliminado definitivamente las fricciones. Las relaciones personales se articulaban según el manual de educación básica ciudadana, compuesto por frases homologadas que permitían establecer conversaciones de cortesía, un sistema de comunicación consensuado. Cualquier indicio de expresión de las emociones sólo podría tener lugar en el ciberespacio, de manera que no perturbara el espacio público de la ciudad. Por otro lado; existía una población marginal, no censada y fuera de la programación oficial. Este grupo, había tenido que huir de la ciudad y había encontrado acomodo en las construcciones inacabadas que salpicaban el paisaje aragonés. La primera colonia se estableció en las afueras de La Muela, ocupando las estructuras de hormigón abandonadas mediante la impresión de módulos temporales. Representaban una minoría nostálgica que todavía confiaba en los sistemas de autoorganización e interacción. No existían horarios, no había actividades asignadas y sobrevivían con productos ecológicos no codificados. Se trataban, sin ningún género de duda, de hombres ajenos al progreso, reducidos y lastrados por su propia condición humana. De vez en cuando en esas ciudades-fantasma resonaban los molestos ecos de discusiones, gritos y desavenencias, carcajadas y llantos. Los asentamientos eran temporales, flexibles, apilables y conectables que anidaban en los paisajes abandonados en 2014. En el año 2016, se dio por extinguida la movilidad cultural en favor de un turismo teledirigido en una red de ciudades tematizadas. La comisión de sabios elaboró un listado para dar soporte a las nuevas necesidades y poner fin a la historia de la curiosidad del hombre. Una curiosidad que sólo provocaba desorden. Se realizó un catálogo con aquellos edificios que habían quedado caducos y que ya no tenían sentido en una sociedad liberada de antiguas nostalgias. “I Like company” fue la agencia asignada para rastrear los últimos movimientos sociales. ¿Qué movía a las personas a manifestar un signo de afirmación? Se detectó el poder inmenso de conocer los deseos profundos de los ciudadanos. Por ello, se elaboró un mapa de datificación vectorial del deseo. Una vez realizado, toda la campaña se orientó a crear ficciones que incentivaran el consumo de esos mismos deseos. En ese momento, un 80% de los ciudadanos, expresó la necesidad de hacer frente a la terrible sequía que asolaba la ciudad desde hace más de 10 años. La conclusión del consejo de administración fue sorprendente: “Zaragoza debía tener mar”. Esta propuesta no fue bien entendida al principio por gran parte de la población. Esta opción, pensó el grupo de expertos, permitiría ensayar un nuevo uso de la ciudad caduca, libre ya de condicionantes del pasado, desarrollando una ciudad más libre y más cómoda, despojada del peso de una larga identidad histórica. Eliminando vínculos obsoletos, se eliminarían también reivindicaciones molestas. Permitiría así mismo la introducción de las grandes compañías multinacionales en la planificación de la ciudad, que sin duda la haría más rentable, controlada y segura. La primera intervención se realizó con cierto carácter experimental. Se decidió instalar un gigantesco Aqua Park en la vieja Aljafería para conmemorar el 25 aniversario de la Expo del Agua. El patio central se llenó de toboganes entrecruzados que iban deslizándose entre las columnas de la antigua mezquita, atravesando los muros y envolviendo al edificio en una red de circuitos acuáticos. Los fosos exteriores se rellenaron de arena artificial y enormes pantallas a lo largo de las murallas proyectaban un gran mar digital en el que los zaragozanos disfrutaban del verano. En el año 2034, la Torre del Trovador pasó a llamarse la “Torre Vodafone”, cubierta de una pantalla digital de un rojo intenso, instaurando un nuevo año cero en la historia de la ciudad. Zaragoza se desprendía de su vieja piel, y las calles se forraban de una luz magnética constante y reprogramable. Y aquí estaba yo, a mis recién cumplidos 66 años, con mis gafas emisoras de deseos digitales. Para poder conseguir un bonus que me permitiera tener encuentros en el ciberespacio, necesitaría al menos tres horas más de cesión de los impulsos de mi actividad neuronal. Estas esperas, rodeado de miles de ciudadanos anónimos, me resultaban interminables. A uno de mis lados, un traficante de impresoras exhibía su nuevo rostro de latex, todavía brillante y perfumado. Al otro lado, una antigua maestra leía poemas de Pessoa. Sin duda se trataba de una desadaptada. Dos filas más adelante me pareció reconocer a CulturPunk. Curiosamente, también a él le habían asignado el grupo B-7, que disponía de una vigilancia reforzada dado la tendencia de sus miembros a infringir las normas de la agenda asignada, así como la acusada tendencia de intentar establecer relaciones sociales. No debería acercarme, pensé, perderé el bonus. Lo observé atentamente. Debo decir que me pareció verle alguna arruga más que la última vez. Estoy seguro que no recibe la dosis de juventud sostenida, que esconde un inhibidor pirata. Tarde o temprano se darán cuenta de su desprecio por la momificación del tiempo. Pero no parece importarle, sonríe. Así pasábamos la noche, viendo el mar, mientras las ondas magnético-publicitarias recargaban la capacidad de desear. Un deseo dirigido, programado, renovado, calculado y previsto. Y mientras, se me apoderaba un terrible dolor de cabeza, provocado, según los últimos diagnósticos, por una zona rebelde situada en el sistema límbico, la zona primitiva del cerebro, que se esforzaba por reactivar, otras formas de encontrarse, las antiguas formas del deseo."
Cité de l’ architecture Paris
AlterArchitecture Cité de l' architecture & du patrimoine Paris En toda Europa, arquitectos, activistas urbanos, diseñadores, artistas, ciudadanos quieren evolucionar su marco de la vida y reapropiarnos de la cuestión de la ciudad. Sin esperar una competencia, un patrocinador público o el propietario de un proyecto privado, estos actores lograr, abordando las regulaciones existentes, en inventar nuevos métodos de organización, llevar a cabo proyectos de interés colectivo. Tales experiencias no son un movimiento estilístico. pero son testimonio de un período de cambio. Estos proyectos, llevadas a cabo a diferentes escalas, implican nuevas tácticas económico y urbano. Proporcionan una respuesta adaptada a nuevos retos medioambientales y económicos. Ellos ofrecen enfoques alternativos para la revitalización urbana y tener un impacto real social – impacto que las cargas normativas de los marcos regulatorios los existentes a menudo los hacen inalcanzables. Cómo desafiar a las autoridades públicas y a los tomadores de decisiones políticas sobre estos nuevos procesos, para que la norma evolucione, con el fin de liberar ¿Innovación, diversidad, experimentación, investigación? Se trata de dar a conocer la invención urbana y tipológica en Europa que el Foro Europeo de Política Arquitectónica, en colaboración con Wonderland y la Cité de l’architecture & du patrimoine, lanzó en 2010 el Observatorio Europeo de Underconstruction. En dos años, El observatorio de Underconstruction ha identificado y auditado decenas de experiencias y proyectos. La obra “Alterarchitectures”, publicada en septiembre de 2012, enumera estas acciones y entrega los primeros estudios. La conferencia Alterarchitectures continúa este debate, dando voz a equipos de arquitectos seleccionados por el Observatorio para que abrir un diálogo con un público de expertos franceses y europeos. Su objetivo es identificar temas para las recomendaciones a abordar. a la Unión Europea y a las autoridades públicas responsables de arquitectura. Las obras de construcción recibieron el apoyo de la Comisión Europea. www.efap-fepa.eu   www.underconstructions.eu  www.eucitymanifesto.eu  
Workshop Universidad de Trento
Las prohibiciones creativas. Pequeñas transgresiones cotidianas del espacio público. Workshop en la Universidad de Trento. Los profesores Ignacio Grávalos y Patrizia Di Monte tutors del workshop organizado por la Universidad de Trento bajo la dirección de Chiara Rizzi y Pino Scaglione. Un grupo de alumnos de diversos cursos de la Escuela de Ingeniería y Arquitectura debían trabajar sobre un parque existente en el límite de la localidad de Ala1. El parque, con una extensión de unos 10.000 m2, se sitúa en el extremo oeste del municipio, siendo considerado por los habitantes como un espacio periférico dentro del pequeño municipio. El laboratorio consistió en reflexionar sobre aquellos puntos que pudieran ser objeto de reactivación del uso de este espacio. La primera semana del workshop los alumnos trabajaron sobre el análisis del parque, haciendo un trabajo de campo que recogiera la percepción ciudadana a través de unas fichas elaboradas por los mismos estudiantes, así como una documentación gráfica que contuviera aquellos datos imprescindibles para la realidad del entorno. El parque está dividido en tres zonas, cada una de ellas dotada de un carácter bien diferenciado: la primera destinada al reposo, la segunda articulada en torno a la sede de la asociación Peter Pan, y la tercera, compuesta por una serie de pistas de tenis rodeadas por una topografía variable con grandes árboles que la dotan de una dimensión paisajistica. El workshop, en su segunda semana tenía como objetivo la realización de una acción pop-up que permitiera establecer una reflexión sobre el carácter del parque. Las conclusión principal detectada por los estudiantes incidía en que el lugar físico ya contenía todos los elementos necesarios para que se tratara de un espacio público activo. No era necesario construir piezas nuevas. Sin embargo, a través de las encuestas participativas, se detectó que existían una serie de normativas municipales y reglas de funcionamiento excesivamente restrictivas que impedían que el espacio fuera realmente activo. A modo de ejemplo, estaba prohibido jugar a fútbol o a criquet en la zona verde, no se podía hacer pic-nic, pasear perros, no se podían utilizar los servicios higiénicos existentes, etc. Detectamos desde un principio cuestiones de proyecto que del mismo modo dificultaban el uso. Seguramente el parque resultaba excesivamente hermético ya que se desarrollaba en una franja longitudinal que no incorporaba conexiones transversales, directas con las zonas de viviendas adyacentes, que se recluían sobre sus propios espacios privados. Una vez dentro del parque, los elementos de iluminación estaban dispersos de un modo azaroso y dificultaban el juego en diversos espacios; los bancos estaban excesivamente separados unos de los otros de modo que impedían la interacción entre usuarios, algunos ámbitos quedaban totalmente ocultos de los recorridos. La suma de todas estas cuestiones provocaba que el parque fuera ignorado por los vecinos, que a pesar de ser el parque mayor y más interesante de la localidad, fuera un parque que a todos los efectos, parecía no existir. La acción pop-up, por tanto, pretendía trabajar sobre alguno de estos aspectos poniendo de manifiesto estas interferencias que dificultaban la reactivación del espacio. Se trabajó con dos condicionantes ineludibles: la acción tendría que realizarse con escasísimos medios (material doméstico o reciclado en las zonas adyacentes) y debería ejecutarse en un plazo de 24 horas. Tras una jornada de debate y puesta en común de consensos y diferencias, se decidió trabajar en dos líneas: 1_ Una intervención paisajística, con una escala global que permitiera que la actuación tuviera una presencia que excediera los propios límites, tanto físicos como mentales, del lugar. Se trataba de combatir la “invisibilidad” que el propio parque tenía para muchos de sus vecinos. Se debatió sobre un eslogan que denunciara esta circunstancia. “No me ves?”, “No me consideras?”, “No es verdad”,…decía el parque. Finalmente se optó por el mensaje de “¿No te sirvo?”. Esta frase, realizada con grandes letras, sobrevolarían el emplazamiento suspendidas de globos de helio, de modo que tuvieran una visibilidad simbólica desde numerosos puntos de la localidad. La potencia gráfica sobre el cielo de los dolomitas daría un mensaje claro y conciso. El parque reivindicaría su presencia Cuestiones climatológicas impidieron disponer los globos para suspender las grandes letras a la altura deseada, por lo que se modificó la estrategia inicial por otra que, a la postre, resultó más interactiva con los ciudadanos. Las grandes letras, seguirían conteniendo esa condición “flotante y móvil”, pero serían los usuarios del parque (en este caso, principalmente niños y jóvenes) los que las trasladarían a aquellos puntos considerados como estratégicos. 2_Las otra línea trabajaban sobre el argumento de la prohibición. Se quería dejar de manifiesto la absurdidad de la negación (prohibición) de los numerosos usos que estaban siendo impedidos. De modo que el parque se iba a convertir durante la acción en un conjunto de innumerables prohibiciones que pudieran provocar “pequeñas reacciones transgresoras” de los ciudadanos ante un contexto burocratizado, controlado y regulado. Estas prohibiciones, distribuidas a lo largo del espacio público, estaban reforzadas en tres puntos concretos: la zona de los bancos, la zona del bar, la zona de la estancia. En la zona de bancos, se seleccionaron tres de ellos que formaban un triángulo imaginario, con un banco en cada vértice del mismo, separados entre ellos por una distancia aproximada de unos veinte metros. Se unieron los tres bancos a través de una cinta por la que se iban a deslizar otros pequeños bancos móviles autoconstruidos que permitían el movimiento a lo largo de estos ejes, de modo que pudieran acercarse o distanciarse entre sí según las necesidades: coincidir con amigos, buscar una zona de sombra,…Detrás de esta acción, se escondía la primera prohibición, “Prohibido relacionarse”, y de modo inequívoco, la primera transgresión, en la que el ciudadano movería los bancos deslizantes a lo largo de la cinta según sus deseos. La zona de la asociación creó una terraza con un pequeño bar. Se construyeron unas pequeñas piezas de mobiliario para el reposo con unas imponentes vistas sobre los Alpes. Todo ello con la absurda advertencia de la prohibición de mirar al paisaje y de servirse el zumo de naranja disponible en el bar. En la tercera zona, más oculta por los grandes desniveles se dispuso una pequeña sala efímera, como si se tratara de la translación de una zona doméstica a un espacio público. De repente, en medio del parque surgía un enigmático espacio. Al acceder, el ciudadano se encontraba con el interior de una casa burguesa caracterizado por el sofá, los cojines, la mesilla y sus correspondientes libros, lámpara, termómetro, etc. Cada visitante, al acceder a esta pequeña burbuja, era fotografiado y formaría parte de una colección de imágenes surrealistas que serían posteriormente proyectadas sobre un edificio recayente al parque. Se trataba de un intento de reflexionar sobe la relación de los espacios públicos y privados. A lo largo de la jornada, se realizaron todas estas acciones acompañados de todos aquellos ciudadanos que se quisieron involucrar en la acción junto con los estudiantes. Debe subrayarse el esfuerzo y la implicación de los integrantes del workshop, que decidieron compartir su tiempo y su energía en implicar la ciudadanía y reinventar una situación no dada. Una ocasión para considerar la ciudad desde su misma realidad, desde la experiencia de lo cotidiano y una oportunidad para poner en valor el deseo por encima de lo normalizado que muchas veces “no tiene sentido”, tal y como escribió un niño en el tablón de sugerencias colocado en la entrada del parque… Una intervención semántica derivada de la reflexión sobre las prohibiciones en el espacio publico dictadas por las normativas. Agradecemos los profesores Chiara Rizzi y Pino Scaglione, el Dicam de Trento por la invitación, y el entusiasmo de todos los participantes: Gaia, Sabina, Anna Giulia, Valentina, Elisa, Dorotea, Alberto, Alessandro, Francesco, Leonardo, Leopoldo, Marco, Michele, Raffaele, Riccardo, Tommaso…
Transitional settlements UAB Temporal Urbanism
UN URBANISMO DE EMERGENCIA. Experiencia de un workshop en Líbano por estonoesunsolar (Ignacio Grávalos y Patrizia Di Monte) “Un vez que se es refugiado, se es para siempre. Los caminos de regreso al paraíso doméstico perdido (o que ya no existen) han quedado todos cortados y las salidas del purgatorio del campamento conducen al infierno...” Zygmunt Bauman. Tiempos líquidos. Gravalosdimonte invitados a participar en un workshop internacional organizado por la Universidad Americana de Beirut para trabajar sobre un campo de refugiados sirios “Tilyani camp”, situado en el valle de Bekaa (Líbano), muy cercano a la frontera con Siria. Presentamos aquí, algunas de las reflexiones inspiradas en aquella experiencia. Como no puede ser de otra manera, todas ella abordaron el tema de las emergencia. Por un lado existen las que pretenden dar respuesta a las necesidades básicas e inmediatas (tener cobijo, protegerse, alimentarse, obtener agua, disponer de condiciones higiénicas, etc.). Por otro, están las que tienen relación con los sentimientos de identidad y de pertenencia, con la relación y la sociabilidad, con el territorio y el lugar. Las acciones humanitarias, por lo general, ofrecen solución a las primeras. Sin embargo, en la mayoría de los casos, (se descuidan) las cuestiones relativas al lugar como articulador de las relaciones sociales y del devenir humano que dependen de la capacidad de cada individuo en relación a su entorno. En ese sentido, existen una serie de espacios que los habitantes de estos campos van configurando de modo espontáneo, cediendo unos o reapropiándose de otros. Y esta gradación de espacios abarca numerosas escalas que van desde el territorio, los campos, hasta los microespacios de cada tienda. Img. 1. Situación del campamento de refugiados de Tilyani, cerca de la frontera siria. El territorio de los otros. La Guerra civil de Siria se inició en 2011. Ha dejado hasta el momento más de 200.000 victimas, de las cuales, más de 63.000 civiles. El conflicto ha provocado la destrucción de ciudades enteras, generando más de 4.500.000 de refugiados. Todos los días, 6.000 sirios huyen de su país. La mitad de los refugiados son menores de edad. La frontera entre Líbano y Siria transcurre a través de 330 km. Líbano tiene 4.1 millones de habitantes y una extensión de 10.452 km². En la actualidad acoge a 1.2 millones de refugiados1. En enero de 2015, por primera vez, impuso el visado de entrada para los ciudadanos sirios. Actualmente, Líbano no permite levantar campos de refugiados dentro de sus fronteras de forma legal. Esto provoca la aparición de asentamientos informales, no reconocidos. Los territorios donde se instalan los campos de refugiados son privados. Los propietarios, alquilan los terrenos para la implantación de estos asentamientos, dando lugar a procesos especulativos en lo que antes eran campos de cultivo. Cada tienda debe pagar un alquiler de unos 100 $ al mes. En el campo de Tilyani (nombre del propietario del terreno) habitan 350 personas. Está formado por 63 tiendas. En cada una de ellas, convive una familia de unos 6 miembros. Lugares transitorios. Extravíos. En Líbano no existen campos de refugiados amparados por la legislación. Oficialmente, no están permitidos. Los refugiados se ven abocados a una ley de la incerticumbre. Esta confusión se produce, en palabras de Michel Agier2, en un ámbito en que se encuentran fuera de cualquier ley, arrojados a una “deriva liminar, y no saben, ni pueden saber, si es pasajera o permanente. (...) Nunca se verán libres de la tormentosa sensación de transitoriedad, indeterminación y provisionalidad de cualquiera de sus asentamientos.” Img. 2-3. Disposición del campamento de refugiados de Al Tilyani, ejes viarios principales, espacios públicos, situación de la escuela en la entrada. (© Patrizia Di Monte) Lebanese government does not allow formal settlements, borders are opened and up now there are almost 1.200.000 syrian refugees. Since these camps are informal, there is no planification by UNHCR. Although there is no formal planning, some public spaces are settled as little plazas. Una vez alejados de su territorio, se ven despojados de cualquier seña de identidad. Pasan a formar parte de una masa sin rostro. En ese sentido, carecen de puntos de referencia portadores de significado que les permita establecer un marco social (territorio, hogar, familia, etc.). Los refugiados tienen difícil su integración con la sociedad de los núcleos próximos (o no tan próximos), con lo que difícilmente pueden ser asimilados por un nuevo cuerpo social. Este camino, afirma Bauman3, es de una sola dirección, no permite el retorno, al tratarse de “personas sin atributos que han sido depositadas en un territorio sin denominación, mientras que se han bloqueado para siempre todos los caminos que llevan a lugares con significado y a los sitios en los que puede forjarse, y se forjan a diario, significados socialmente legibles”. No se trata, por tanto, de un cambio de lugar, sino de una pérdida de su lugar en el mundo. Transiciones y apropiaciones. Los campamentos se establecen con una ordenación inicial que permite jerarquizar los espacios, y por tanto, pautar las transiciones del espacio público al privado. Las tiendas se disponen alineadas alrededor de vías principales que permiten el paso de vehículos, desde la que se producen sus accesos. Las zonas posteriores de las tiendas forman una franja de servicio, en las que se encuentran espacios de almacenaje, cabinas de aseo y depósitos de agua. Los pequeños intersticios disponibles entre tienda y tienda, que inicialmente constituyen espacios libres, van siendo colonizados poco a poco, constituyendo un espacio flexible e indeterminado. Del mismo modo, cada tienda procura apropiarse de un pequeño espacio intermedio, espacio conquistado al vial público a través de una disposición de macetas o elementos vegetales (a veces con pequeños porches) y que permiten una transición pautada entre la tierra de nadie y la ficción de un universo íntimo y propio. Pasa así a constituir un elemento semipúblico, de acogida, de socialización controlada, personalizados a través del color y los aromas vegetales, en un intento de superponer raíces donde no las hay, de hacer suya una porción del territorio. Pero este transitar hacia lo privado, no acaba allí, ya que una vez en el interior de la tienda, siempre existe un espacio, a modo de vestíbulo, que todavía no tiene el carácter estrictamente privado, sino tiene una función de acogida, esta vez más íntima, de pertenencia al visitante, de bienvenida al caminante. Img. 4. Espacios intermedios de acceso a las tiendas. (© Patrizia Di Monte) Even in extrem conditions the humane behaviour defines a place: a shelter, dropping to a porch delimited by flowers. Conexiones sociales. Pero volvamos al ámbito público. Además de las tiendas individuales, los campamentos suelen poseer algunas piezas destinadas a articular la vida social. Escuelas infantiles, tiendas multiusos o pequeñas tiendas de comercio, donadas a través de fundaciones, ONGs, etc,, constituyen los espacios que protagonizan las interacciones sociales. La escuela es la pieza que articula la vida de los niños, y donde pasan la mayor parte del día. Existen pequeñas estructuras dedicadas a tiendas de alimentación y productos básicos. En ocasiones se establecen grandes tiendas multiusos. Estas pequeñas piezas son de una vital importancia, ya que en ellas se producen los pequeños acontecimientos cotidianos que provocan la extensibilidad del yo, el salirse de uno mismo y, por sedimentación, van produciendo un sistema significante. Es en los lugares comunes donde se producen los encuentros y desencuentros, donde se desarrolla lo que Halbwachs denomina las “interferencias colectivas” y, por todo ello, donde se fundamenta el sentimiento de comunidad. Estos espacios constituyen una pequeña sustitución de un lugar que en realidad no tienen, y es allí sonde se administra la interacción social y se fundamenta un cierto sentido de identidad (mi vecino, mi comunidad, mi escuela, mis amigos,...). La vinculación con un lugar genera un marco para toda forma social (genius Loci). En ese sentido, el lugar se convierte en un punto de anclaje reconocible de la socialidad, y a medida que se refuerzan estos vínculos con el territorio, se refuerza de igual modo el sentimiento común. Maffesoli4 habla del lugar como dato de base de toda forma de socialidad. En cierto modo, se trata de un intento de dibujar la memoria en el suelo. Son lugares que reciben “la huella del grupo, y viceversa”. Este sentido de vinculación espacial es fundamental para establecer un marco en el que se afiance una memoria colectiva. Halbwachs5 argumenta que los recuerdos vienen a ser reconstrucciones del pasado. Pero estos recuerdos sólo se afianzan si poseen un marco social. En realidad el pasado sólo es lo que es, en la medida que lo hemos podido compartir con otros. Nunca estamos solos. Se crea así una cadena espacio-sociedad-memoria que va indisolublemente unida. Por otra parte, continuando con Halbwachs, el apego o el desarraigo de un grupo con el territorio que habita, está condicionado por la necesidad. Así, para un campesino, que posee una vinculación muy estrecha con su propia tierra, el crear una serie de tradiciones y costumbres arraigadas al territorio supone una cuestión de superviviencia, de “la férrea voluntad que tiene el grupo de conservarse intacto en el tiempo y el espacio”. Esto no sucede en un grupo nómada, desterrado, que ha sido despojado de un lugar, que no dispone de elementos estables en los que hilvanar ningún recuerdo. En esta nueva realidad, nace una conciencia nueva, cuya extensión y contenidos son distintos de los que tenían antes, fundiéndose con otros grupos. Los desplazamientos producidos, derivan en un debilitamiento de la identidad, que tiene que empezar de nuevo, creando lazos con un territorio que no es el suyo, buscando una identidad que les ha sido robada. 1 Lebanon Environmental Assessment of the Syrian Conflict.MOE/EU/UNDP, 2014.  Michel Agier. Aux bords du monde, les réfugiés.  2 Zygmunt Bauman. Tiempos líquidos. 3  M. Maffesoli. El tiempo de las tribus.  4 M. Halbwachs. La memoria colectiva. Instant Cities- The Emergence of Temporal Urbanism: Enfoques de posibles intervenciones. Identificación de prioridades por marco temporal: ANTES DURANTE DESPUES ANTES: -hay que evitar situaciones extremas tipo Nareya, -hay que analizar la topografía del asentamiento, recursos naturales del entorno, identificar áreas que hay que preservar, (ríos que se podrían contaminar, patrimonio que podría ser dañado) -buscar emplazamientos cercanos a centros habitados que puedan facilitar los recursos básicos a los refugiados. -fundamental un registro de: las personas que se acojan en los campos, en las estructuras inacabadas, en los pisos alquilados. Los asentamientos existentes en todo el Libano las infraestructuras que se están construyendo para la base de los campos los edificios inacabados que proliferan de forma incontrolada. Img. 5. Campamento de tiendas en las cercanías de estructuras inacabadas que dan cobijo a diferentes grupos sociales en base a su capacidad y renta. En el territorio libanés están proliferando de forma incontrolada construcciones ilegales para su explotación en alquiler. (© Patrizia Di Monte) Informal settlements and abandoned buildings as temporary shelters have different meanings and values from what we try to implement in Europe as public policies. Here is the only way most of refugees have to escape. Although there is a worrying phenomenon of illegal structures growing all over the Lebanese landscape. No national polocies are on progress to preview the future of these settlements when will be removed. DURANTE: -Dimensión mínima de los espacios y de los standard en los campos, distancia entre la tiendas, orientación, ventilación, vías de comunicación e infraestructuras, equipamientos básicos (escuelas, centros sanitarios, mercados, espacio público, recogida de aguas negras, de basuras..) -Defensa contra las adversidades naturales animales ecc... Img. 6 gerarquía de espacio público y ejes de circulación (© Patrizia Di Monte) Img. 7 transición de espacio público y de usos superpuestos. A playground between the tends and laundry  (© Patrizia Di Monte) The entrance to a private tend through an inner porch  Sistema de gerarquías entre espacio público y espacios privados. Post it city: the itinerant market. (© Patrizia Di Monte) The best moment of the day for children: the entrance to the school where they study, eat and play. Children are happy and forget feel part of a community. (© Patrizia Di Monte) 1 Lebanon Environmental Assessment of the Syrian Conflict. MOE/EU/UNDP, 2014. 2 Michel Agier. Aux bords du monde, les réfugiés. 3 Zygmunt Bauman. Tiempos líquidos. 4 M. Maffesoli. El tiempo de las tribus. 5 M. Halbwachs. La memoria colectiva.
Fužine Lubjana 
"Trimo Urban Crash, revitalization of Fužine residential neighbourhoods in Lubjana”
Workshop estonoesunsolar Calgary University
En el marco del programa estonoesunsolar, hemos sido invitados cómo visiting professors en el Master en diseño urbano de la Calgary University. Debido al gran interés del Master, hemos organizado un workshop in situ, involucrando los estudiantes de Canadá a participar en la fase de diseño de varios solares en estado de abandono. Durante el workshop de proyectos, hemos organizado una primera fase de "deriva" por los solares del Casco Histórico. Despues de esa primera fase de análisis, hemos detectado los espacios que según su posición y estado, presentaban mayores oportunidad de reuso. Con pocos recursos, hemos hipotizado nuevos espacios públicos que posteriormente serán presentados a los vecinos para someterlos a su elección. En el taller de proyectos los estudiantes han planteado propuestas y reflexiones para nuevos espacios deportivos, infantiles, de ocio y de cultivo.  Se han ido integrando ideas hasta perfilar unas posibles propuestas, considerando los medios a disposición, los plazos y el presupuesto. El taller de proyectos finalizará esta semana, con una corrección final bajo la supervisión de los profesores responsables de la Calgary University y los técnicos responsables de estonoesunsolar. El fin del taller es integrar nuevas reflexiones, aportadas por estudiantes que han analizado y tomado conciencia de las problemáticas de los barrios de San Pablo y de la Magdalena. A la base de los trabajos está todo el análisis realizado por los técnicos de «estonoesunsolar» del tejido socioeconómico, la edad poblacional, los espacios públicos presentes en el ámbito y los equipamientos existentes y la voluntad ciudadana expresada por las AAVV. Con el fin de poder ofrecer nuevos pequeños pseudo-equipamientos, se han dibujado pistas de patinaje, un skatepark, un espacio verde con elementos de mobiliario urbano «comunitarios», un espacio destinado a la infancia con elemento lúdicos y un pequeño anfiteatro.
Architecture and Urban Science – Tokyo  University
Workshop “Architecture and Urban Space” - Urban Laboratory of Chiba University, Japan. Las ciudades japonesas se enfrentan al declive de sus centros en los se encuentran muchos edificios y terrenos baldíos a lo largo de la tradicional calle comercial principal. En nombre del Laboratorio Urbano Ignacio Grávalos y Patrizia Di Monte han sido profesores invitados a un Workshop sobre regeneración urbana en la Universidad de Chiba cuyo objetivo era desarrollar directrices estratégicas con la comunidad local en Tateyama. Ignacio Grávalos y Patrizia Di Monte han participado al laboratorio urbano en el Máster «Urban planning and Design» de la Universida de Chiba (Japón) dirigido por la profesora Akiko Okabe. Se impartió una conferencia sobre estrategias urbanas, la temporalidad y la indeterminación en la ciudad contemporánea. Se pudo debatir sobre los diferentes sentidos del espacio público en las diversas culturas, contrastando la visión europea del espacio público como catalizador de relaciones sociales, como lugar físico de encuentro y de intercambio , con la visión oriental, centrada más en referentes simbólicos, urbanos o naturales, que ponen en conexión (más virtual que física) a los ciudadanos. Dos maneras e entender el espacio urbano, dos maneras de comunicarse y de relacionarse, dos modos de entender un urbanismo que han ido dando forma a las ciudades a imágen y semejanza de sus ciudadanos. «Las ciudades son un conjuno de muchas cosas: memorias, deseos, signos de un lenguaje; son lugares de trueque, como explican todos los libros de economía, pero estos trueques son también trueques de palabras, de deseos, de recuerdos.» (Italo Calvino, Las ciudades invisibles)